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Cinque poesie lette alla Biennale di Alessandria, nel Castello di Piovera, il 22 aprile 2018. La prima e la seconda già pubblicate in libri; la terza, la quarta e la quinta inedite.

GIOVANI ALCOLICI

Le sere di nebbia e inverno con l’amico
al Dopolavoro Ferroviario in corso Italia
a bere vino di scarsa qualità
per dimenticare ciò che neppure
s’era ancora vissuto: due ragazzi
in fuga tra quei vecchi ubriaconi lordi,
già vinti senza sapere neppure per che cosa
si sarebbe potuto combattere.
Era una tappa d’altre cinque o sei
osterie per cui ci avvelenavamo:
disposte a stella in un’ignobile Vercelli
dove il passato marciva col futuro
in una putrefazione calma, dove piccoli muri
sembravano invalicabili montagne,
e non sapevamo dove prendere il coraggio
per andare non sapevamo dove
a fare non sapevamo che cosa.
No, non sembrava vita buona, ma
altra fuga non c’era che il bicchiere.
Sento una tenerezza indispettita
– orfana persino del rimpianto –
per quella vecchiaia vissuta a sedici anni;
sono contento d’un po’ di precaria gioventù
trovato adesso in ben più tarda età.

IL GUARDIANO DEI SOGNI

Tu eri un sogno. T’ho sognata una notte
e m’hai riempito il sonno di colori.
Ma quella notte il guardiano dei sogni
– il guardiano che tiene chiuso l’uscio
fra sogno e realtà – s’è addormentato.
S’è addormentato lui! Tu sei sgusciata
lesta fuori e il mattino t’ho trovata
nel letto accanto a me. Che cosa fortunata!
Adesso tu sei la mia fidanzata.

POSTAMORE

Resti comunque la prima persona
che cerco se succede qualcosa
di brutto o bello, se c’è da condividere
qualcosa di bello o brutto
o solo di curioso.

Resti comunque l’unica persona
che se per un giorno non sento mi manca,
quella che se qualcuno mi confida un segreto
lo avverto che con te non garantisco.

Hai sempre avuto cento unicità
– tranne quella che forse tu volevi
(avevo, all’inizio, sperato di no):
l’unicità che vogliono tutte
e a me pare banale.

Così l’amore che straccia i capelli
(e i coglioni, e il cuore, e molto ancora)
s’è rarefatto, diradato, è finito:
non so se ancora io lo cercherò
in altre: sono vecchio, le ragazze
è meglio forse guardarle soltanto
sedute in treno o ai banconi dei bar:
sul ridicolo del baccaglio senile
c’è satira già ai tempi di Catullo.

Resti comunque la prima e l’unica donna
a cui parlo senz’ansia, io che verso le donne
non l’odio-amore del poeta su citato
ma un amore-terrore ho sempre avuto.

È finito o cambiato. Ma se noi
la teniamo da conto questa strana
preziosa relazione e ci diciamo
le cose e spesso ridiamo e all’occorrenza
con le mie dita di pranoterapeuta
tolgo il dolore al tuo collo e alla schiena,
siamo sicuri poi che sia di meno
che certe coppie nelle nozze d’oro?

SONETTO PER UN’ACCONCIATURA

Un po’ di pelo sopra e niente intorno
alla fessura: è il taglio prediletto
dalle modelle di Met Art o porno.
Quando a cosce slargate sopra un letto

si fan le foto, deve stare a giorno
il dolce solco rosa, in un effetto
di cesello e d’intaglio: che il contorno
si mostri in piena luce, aperto, netto.

Così anche Eva il pube s’acconciava
quando ai fotoamatori proponeva
nudo erotico in sala pose o alcova.

Era un lavoro che m’affascinava,
era una vita sua che mi piaceva
– ma amo lei in qualunque vita nuova.

NON SO FARE NECROLOGI

Non so fare necrologi. Di me
vorrei nessuno s’accorgesse: – Molinaro,
è da un po’ che non lo vedo. – È morto, non lo sai?
– Oh cazzo, ma dai!

E venissero alla spicciolata nei giorni
ai superstiti rari pensieri
spontanei

non valeva in fondo granché
era simpatico a volte, ma stronzo
non si ricordava i miei regali
s’è perso molte cose
parlar amb ell un cop, potser, al final
era molto disturbato, no?
quella volta nell’albergo sul fiume
he was my pen friend when I was young
troppe poesie, solo qualcuna bella
un bambino egoista
si lavava pochissimo i piedi e le ascelle
non ascoltava

pensieri spontanei che proprio in quanto tali
non posso immaginare

e qualche battuta: – L’avremmo saputo
tutti subito, se dalla bara si potesse
scrivere su Facebook…

Non so fare necrologi, né
moltissime altre cose.