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Carlo Molinaro

~ poesie e altre cose

Carlo Molinaro

Archivi Mensili: luglio 2019

Gelati

31 mercoledì Lug 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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infanzia, riflessioni

Su una panchina in un giardinetto
ad Acqui Terme mangio una coppetta
di gelato, presa da “Crema e frutto”,
via Monteverde quarantadue.

Riesco a sporcare di gelato al cioccolato
il dito, il palmo, un asse della panca
e un lembo della maglia: so fare di meglio,
per esempio anche la borsa e i pantaloni.

Mentre mangio con gusto, mi ricordo
che al mare, certe volte, da bambino
mi prendevano un gelato speciale:
nella coppa di vetro, al tavolino.

Un gelato da grandi, si chiamava “paciugo”
in un bar nel carrugio di Sestri Levante:
un gelato importante. Succedeva di rado,
due o tre volte in tutte le vacanze.

E mi viene una domanda: ma quando
a sette anni mi prendevano il paciugo
in quel bar che mi colpiva perché aveva
due uscite su due strade diverse,

ero felice? Ci penso e mi pare di no:
mangiavo avidamente, ma in affanno:
avevo dentro una specie di tensione
e quasi d’ansia: non godevo bene.

Quella tensione ce l’ho ancora dentro
a diversi livelli, qualunque cosa io faccia:
anche adesso, qui ad Acqui, sulla panca
all’ombra, mentre finisco il gelato.

Come funziona la felicità?
Forse ho sbagliato la mia impostazione
da sempre: ho mirato a rimuovere da me
quella tensione inquieta, ho mirato

a riposare in un quadro pacato
dove gustare il buono della vita
senza tensione – che poi forse vuol dire
senza conflitto, senza relazione.

Solo da solo e senza fare nulla
mi è parso d’essere felice davvero
per un minuto o due. E invece dovevo
esercitarmi a esserlo in tensione:

felice nella vita, non nei margini:
lieto nel gusto, non nel retrogusto
portato su papille di memoria
nella tana a goderlo in santa pace.

Vabbè. Strani pensieri. La coppetta
non so se fosse buona, era normale
e m’è piaciuta qui su questa panca
in questo pomeriggio ad Acqui Terme.

Farò altri giri in paese, c’è il sole
dopo la lunga pioggia di stanotte:
è bello questo scenario in esterno:
ciò che so è che vorrei vivere in eterno.


Scritta nel 2019.

Capire

31 mercoledì Lug 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari

Sarà poi «capire» il verbo giusto
per questo stare ora meglio ora peggio,
quest’euforia o ipocondria dell’anima
con il corpo congiunto? Perché
cerchiamo sicurezza? Le foglie
degli alberi ora si aprono piene
di linfa, ora si chiudono in rughe
egre: non dipende da loro, dipende
da piogge che nessuno garantisce.
Cosa c’è da capire in tutto ciò?

L’unico buono in questa poesiuola
è che m’ha fatto venire alla mente
di dare acqua al fico sul terrazzo:
lui chiuso in vaso ha bisogno di me.
Ora smetto di scrivere e lo annaffio.


Scritta nel 2019.

Guccini, Odisseo, parodia

23 martedì Lug 2019

Posted by carlomolinaro in altre cose

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cose di dentro

Bisogna che lo affermi fortemente
che io non sono di letteratura:
però una solitudine di gente
mi sospinse pian piano alla scrittura.

Quando guardavo l’orto e i muriccioli,
le nubi basse, l’afa, le zanzare,
c’era il mio cuore che faceva voli,
l’anima mia pacata nel sognare.

Ma il sogno nel silenzio scricchiolava,
sentivo passi che non decifravo:
nessuno intorno a me m’assomigliava,
che ci fosse dell’altro io lo pensavo.

Così guardando dentro le distanze
capii che la parola era il mio viaggio:
uscii con la parola dalle stanze,
mi feci ardite navi di linguaggio.

Il linguaggio trascurato mi travolse,
seppi che il mio destino era poetare,
con un dubbio però che non si sciolse:
senza futuro era il mio verseggiare.

Ad ogni verso reinventarmi un mito,
a ogni strofa disegnare il mondo
e perdermi nel gusto più proibito,
quello di quando svelo e non nascondo.

Ma il canto fa brillare false rotte,
dov’era il vero, dove l’invenzione?
Il giorno si confonde con la notte,
la vita in una bolla di sapone.

E tutto è vano e sento che la morte
è ormai vicina e io non ho compreso
se fosse questa o un’altra la mia sorte
e che cosa ho lasciato e cosa preso.

Mi resta solo la precaria gioia
di avere aperto scrigni di bellezza,
colorare la vostra e la mia noia
con tinte di un’eterna fanciullezza:

lasciare fra un inciampo ed uno sbaglio
fra un goffo tentativo ed una rima
la porta aperta (e sia pure un abbaglio!)
a sensazioni sconosciute prima.


Scritta nel 2019. Con video.

 

L’animale uomo

10 mercoledì Lug 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari

Complicati? Sì, ma non è detto
che per gli altri animali sia più facile.
Sono scie olfattive, in fondo, percezioni
anche le nostre, a volte cicatrici
come la coda approssimativa
che rifà la lucertola, sono estri e furori
di calore, agonie non dissimili
che tra le fauci di un predatore
o abbattuti di sete in siccità. Non è
così diverso dagli altri animali, forse
è solo che noi vogliamo dare a questo
sensi, interpretazioni e persino
– qui l’estrema follia – soluzioni.


Scritta nel 2019.

Harem

10 mercoledì Lug 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, relazioni

Non voglio far parte
del tuo harem – dice pacatamente.

Nessuna mai ne ha fatto parte, perché
sono l’uomo meno incline al possesso
che io abbia conosciuto:
è inconcepibile un harem per me,
foss’anche un harem per una sola donna.

Però capisco: nel profondo
dell’ovattato squillante mio mondo
un harem c’è. Vi si entra
dopo anni d’amore condiviso
o uno sguardo improvviso
e non si esce più, è un ergastolo, lo ammetto:
scade al finire della vita – la mia.

Non ha nessuna implicazione concreta:
non obblighi, non limiti, niente.
C’è chi lo abita senza saperlo
e morirà senza averlo saputo.
È tutto quanto dentro la mia testa,
dove l’amore non ha dimensione:
non esiste davvero, perciò esiste tutto intero
e può essere eterno
come eterno è il pensiero.

Non ha nessuna implicazione:
ma lei è sensibile, lo percepisce
il mio harem innocuo segreto
e vagamente se ne infastidisce
e con un sorriso rimprovera: – Sai,
il problema non sono sempre gli altri,
tante volte il problema sei tu.


Scritta nel 2019.

Verso semplici case

07 domenica Lug 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari

Non risolveremo contraddizioni, ripetiamo
cose già dette (irrisolte) dai tragici
e in modo più tragicamente fastidioso
dai commedianti, dai comici
atroci: non risolveremo, conversiamo
di cose eterne, effimere in noi effimeri
sul fresco d’una riva, troviamo
coincidenze inutili, combinazioni
di brevi sensi parziali, come se
una solidarietà di miopie illimpidisse
orizzonti remoti che non si sa se esistano
davvero: pure, in noi qualche pietra
si disincaglia da angoli di viscere
dove pesava, prende forma, ferisce
gonfiori, un dolore di lama
luccica smascherato, conoscibile,
ce ne rendiamo conto, non parliamo
perché non torni a nascondersi:
si deposita, mentre camminiamo
lungo il fiume, guardinghi come uccelli
senza toccarci, verso semplici case.


Scritta nel 2019.

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