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Carlo Molinaro

~ poesie e altre cose

Carlo Molinaro

Archivi Mensili: ottobre 2021

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31 domenica Ott 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro

La superficialità e la disattenzione. Queste
erano due fra le cose che odiavi di più.
Ma non come le odiano a parole
gli snob che ostentano in ogni salotto
(portano come un distintivo sul petto)
la loro presunta profondità e attenzione.

Tu le odiavi soffrendone in silenzio:
sulla tua pelle le ferite invisibili
aderivano ai traumi nei tessuti interni
a te stessa incomprensibili, remoti
e vicinissimi, urlanti: un sussurro
ti passava solo, negli occhi, di rimprovero.

M’arrivano nei cuori delle notti
rivelazioni d’attimi con te
come frammenti di poemi sacri
tardivamente intesi, ricomposti:
sul limite del sogno mi risvegli
e ci parliamo ancora. Dove sei?


Scritta nel 2021.

30 ottobre, sera

30 sabato Ott 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari

(sono seduto in casa davanti alla tastiera e allo schermo
che hanno sostituito la penna e il foglio
fuori il grigio si fa più scuro e penetrante
viene la sera, è già sera)

mi sento accadere dentro quel percorso inesorabile
che accresce la solitudine nel volgere del tempo
non è colpa né di altri né mia
almeno su questo, nessuna fazione

un’inquietudine immobile, in un certo senso quieta
lascia indietro il pregio del silenzio e delle voci
in svariate finzioni per un’arte di vivere
chiusa, in realtà, fra copertine o sipari

apre al ballatoio di una casa abbandonata
dove altre leggende, scritte o tramandate
dicono di feste abbozzate, di corpi
conciliati da aromi, da musiche, vini

ma la sola verità della commedia è l’inserviente
che con aspro rumore ripone le sagome
che formavano, combinate, sotto i fari un salotto
con pareti di libri, o mestoli, o tendine

per non disilludere è meglio scivolare
da una porta di lato, quelle che aprono alla fine
su vicoli stretti, nascosti alla facciata
qui carezzare muri ruvidi, sognare

(forse esco ancora, magari al chiosco un caffè
se è ancora aperto, uno dei ragazzi è via
e gli altri due chiudono prima perché
quando si è in meno, si fa come si può)


Scritta nel 2021.

La festa dei morti

30 sabato Ott 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, amore e morte

Già s’avvicina la festa dei morti – i morti,
questa strana parola: se esistono ancora
non sono morti, se non esistono più
perché dar loro un nome? Due vecchie
al chiosco di corso Taranto discutono
di fiori: “la rosa dura troppo poco, meglio
il crisantemo o la margherita”. Valutano
la durata di un vaso di fiori
davanti al nulla o all’eterno o a chissà.

Forse cederò a ritornare al cimitero:
per fare qualcosa, aggrapparmi a un’usanza.
Ma tu, se sei, non sei lì certamente
e di ciò che sta nella bara zincata
ho orrore e terrore: la tomba murata
(follìa!) allunga la putrefazione:
meglio sarebbe la nuda terra, o il fuoco.
E i loculi… T’hanno messa al quarto piano:
dove li attacco i fiori, eventualmente?

Anche nel piccolo cimitero di montagna
(in sé quasi bello) han fatto i condominî.
S’avvicina la festa dei morti – e i nati
provvisoriamente ancora non morti
fanno cose, da mostrare a sé e agli altri.
È umano. Io però ti sono accanto
in ogni istante e mai, non credo nulla
e credo che nel nulla che non credo
ci troveremo, amore. Dove sei?


Scritta nel 2021.

La mantide, la scolopendra e il ragno

22 venerdì Ott 2021

Posted by carlomolinaro in racconti

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esopo moderno

Quando s’incontrano una mantide e una scolopendra, l’esito è incerto.
Scatto, potenza, velocità, fortuna.

Talvolta la mantide riesce con le sue potenti tenaglie a bloccare la scolopendra, impedendole il morso velenoso, e con le fauci la taglia in due, e la svuota, mangiando come da un vasetto aperto la tenera polpa bianca che stava sotto le squame. La mantide si sazia e sul terreno resta della scolopendra un guscio secco spezzettato.

Talvolta invece la scolopendra resiste alla presa e contorcendosi raggiunge con la bocca il ventre molle e grasso della mantide, vi inietta il veleno, lo perfora, lo apre, ed è lei a mangiare dal buco aperto la tenera polpa bianca. La scolopendra si sazia e sul terreno resta della mantide un guscio secco spezzettato.

Se l’incontro è fra una mantide e un ragno, la questione è differente. Il ragno, anche piccolo, è vittorioso sempre se la mantide, volando, s’impiglia nella sua tela: in un attimo viene avvolta di fili, ripiegata, immobilizzata, e poi lentamente succhiata viva fino all’ultima goccia di umore. Se invece l’incontro avviene a terra, solo ragni molto grossi e velenosi hanno qualche possibilità di cibarsi di carne di mantide – altrimenti, è il ragno a diventare cibo.

Ada, la fidanzatina del ricco rampollo beota, era una scattante piccola scolopendra che bene difendeva il suo amore, ossia la sua fonte di sostentamento. Da pochi mesi una mantide, una gran figa che era partita all’attacco per accaparrarsi il generoso principino, era stata intercettata e, dopo una breve lotta, spolpata. Il pettegolezzo aveva rapidamente portato in giro l’immagine del guscio secco della mantide abbattuta, e Ada la scolopendra ne era uscita rafforzata: altre pretendenti ci avrebbero pensato bene, prima di provarci.

Tuttavia Asia, una modella di rara bellezza nonché abilissima porca d’alto bordo, ritenne di potercela fare. Gli affari non andavano bene, pochi e avari erano sia i fotoamatori sia i clienti d’alcova. Il ricco rampollo era un’ottima occasione: spremerlo bene, per qualche mese almeno, onde risollevare il bilancio. La mantide Asia si fece sotto, cominciò a strusciarsi sul rampollo, e a piacergli.

Ada immediatamente le fu addosso. La velocissima scolopendra puntò al ventre della mantide, che però fu più fulminea, bloccandola fra le chele. La centipede, esercitando tutta la sua forza, riuscì ugualmente ad avvicinare le fauci all’addome dell’avversaria. Furono attimi drammatici: la scolopendra si contorceva, si divincolava, la mantide non riusciva a immobilizzarla del tutto. Il rostro dell’irta scorpioncina sfiorava la pelle della verde predatrice, la quale a sua volta cercava di infilare la bocca tagliente fra i segmenti del corpo squamato.

Prevalse infine la potenza della mantide: lentamente dilaniata, la scolopendra si divise in due monconi. Era finita: la mantide se la divorò con gusto. Asia aveva tolto di mezzo la tenace fidanzatina a lungo mantenuta dal rampollo; non le restava che volare sul principino, e ricavarne il massimo, grazie alla sua bellezza e alla sua sensualità di navigata puttana.

Ma un’altra pretendente aveva seguito fin dall’inizio tutto l’evolversi della faccenda, tifando per la mantide. Michela, una donna ragnetto, una giovane studentessa molto interessata al rampollo, odiava Ada, ma sapeva di essere troppo piccola per poterla affrontare direttamente e sottrarle la preda. Un ragnetto nulla può contro una scolopendra.

Così Michela, sul percorso che necessariamente portava al principino, tessé una potente ragnatela: inutile contro le scolopendre, ma molto efficace contro le mantidi, insetti alati. La divoratrice Asia certo non se l’aspettava, né avrebbe potuto vederla. Spiccando il volo dal terreno dove erano rimasti segmenti secchi della spolpata Ada, puntando veloce sull’ormai conquistato rampollo, la mantide s’impigliò nei viscosi fili e ne fu avviluppata. Lesta la donna ragnetto la avvolse in trame sempre più strette, schiacciandola. Poi, con calma, la svuotò, aprendole il ventre, e riducendola a spezzettati frammenti sparsi.

Fra la ragazza scolopendra, la ragazza mantide e la ragazza ragno, vinse dunque quest’ultima. La morale non c’è, perché questi intrecci d’interessi sono tutti immorali, ovviamente. Il ricco rampollo beota farebbe meglio a svegliarsi, e innamorarsi di un’innamorata davvero, magari donando ai poveri tutti i suoi beni così è più tranquillo. Ma che l’amore esista non è un dato sicuro, e poi è più divertente la lotta fra insetti e altri piccoli animaletti.

Su un treno una sera d’ottobre

15 venerdì Ott 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, scenari

Che meraviglia sono i treni e la notte e il vento
Cristina, i vagoni merci carichi di cereali
a cigolare sul primo binario, in attesa, eppure
tutto questo non basta, nemmeno più conta.

Non so paradisi senz’erba e ferrovie, traversine
pregne di piscio, creofenina, radici:
non so luoghi vivi d’una vita che non sia
questa che vivo, che viviamo, che hai vissuto:
coglionate i nirvana, la perfezione immobile
dei teologi di tutti gli orizzonti. Sono in treno
stasera e manchi, manchi, ti vedo arrampicarti
sugli alberi o rubare una maglia al mercato
o ridere, piangere, correre: ma queste sono cose
di qui, sono le cose che scompaiono al corpo
quando la morte lo ferma e lo scioglie, la morte
è dunque davvero la fine di tutto, la sua cappa
di maga nera, ciò che è ritrascina nel nulla?
Non lo sopporto. Non di tutto! Sia la fine soltanto
di ciò che so pensare, immaginare! Merda!
Sia la fine di me solamente!

Contemplo gli occhi rotondi degli scambi
delle rotaie, Cristina, vorrei che fossi qui
tu dentro il limite in cui ci abbracciavamo
ma invece oltre, fuori c’è, ci sarà… che…

Queste poesie mi abortiscono tutte:
ne sono contento, è anchilosato il mio utero,
il seme caduto è d’un gene che trascende
ogni mia gestazione, tutto esplode più grande
e se muoio di parto è la morte migliore:
muoio di cose a me molto maggiori,
innascibili, immense: poterti trovare
in sagome di treni, dietro il vento.


Scritta nel 2021.

Fili di spazio e tempo

14 giovedì Ott 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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scenari, tempo

Mentre un colombo camminava accanto ai piedi del bambino
sull’asfalto irregolare rugoso come un tronco del marciapiede
e il sole s’era appena spento dietro le cupole degli alberi
e sul marciapiede c’erano rametti spezzati e foglie accartocciate
e appoggiato su una panchina il bambino scortecciava con le unghie
un rametto raccolto a terra, meticolosamente, e lo osservavo
nell’attento lavoro, ho visto per un attimo i fili di spazio e di tempo
solitamente invisibili che tutto percorrono avviluppandoci:
assomigliavano ai fasci dei muscoli in certe illustrazioni anatomiche
o a lunghi capelli galleggianti su onde o a intrecci di ferro sottili
o a lunghe ragnatele fluttuanti o alle nasse in cui i pescatori
catturano per ucciderli pesci lucidi guizzanti o a tratteggi a matita
per simulare chiaroscuri in disegni su banchi di scuola, assomigliavano
a vasi capillari d’interscambio di qualcosa, non so dirlo preciso:
di certo ci tenevano e prendevano e sostenevano e imprigionavano
mentre il bambino finiva di ripulire il rametto dalle scorie
trasformandolo in un bastoncino nitido e io seduto osservavo:
poi passato l’attimo non li ho più visti perché sono invisibili
i fili di spazio e tempo, è stato un errore di un sistema o degli occhi,
il bambino era stanco, avevamo camminato molto a lungo
dalla scuola materna per il fiume verso il parco, cominciava
a ciondolare, a fare ostruzionismo e volere la mamma, perciò
ci siamo incamminati verso casa, ho sentito ancora un poco
sul viso i fili, come quelli dei ragni che volano in certe stagioni.


Scritta nel 2021.

Una sensazione sul bus

04 lunedì Ott 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, scenari

Confusamente, annusando la pioggia
vivace e sul bus la gente viva, il ritmo
della strada, le strisce delle gocce
pensavo a come è tutto questo scorrere
e a ciò che c’è e a ciò che manca insieme
confusamente, che anche ciò che c’è
manca e anche ciò che manca c’è
in un gioco di vortici o di porte girevoli
ma sono inadeguate queste similitudini
meglio non provarci nemmeno, è solo
che ho sentito voglia di vivere e insieme
voglia di morire, quasi fosse lo stesso
ma non so spiegare, un baciarsi e inseguire
autobus nell’oltretomba, tenersi per mano
qui nella vita con la pace d’essere morti
un sorriderci oltrepassati i cimiteri
però di qui, osservando un vecchio al bar
che sfoglia un giornale, ma da un’altra parte
fantasmi uscire bambini vociando
da una scuola, sotto alberi mostruosi
che abbracciano universi accovacciarsi
fare pipì, guardarla tiepida fumare
– ma niente, no, non lo posso spiegare
è stato un attimo, una sensazione sul bus.


Scritta nel 2021.

Un momento quasi sopportabile

03 domenica Ott 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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scenari

La barista Elena, minigonna cortissima
a fiorellini antichi e scollatura generosa
su generose poppe, si china al tavolino
e mi dà il cappuccino sussurrando:
“Ti ho messo il cucchiaino piccolo
perché quelli grandi sono tutti occupati”.

Così all’aperto nel bar di periferia
penso alle cosce, alle poppe e ai cucchiaini
piccoli liberi e ai grandi occupati
(in che senso? non li avrà ancora lavati…)
ed è un momento quasi sopportabile.


Scritta nel 2021.

Il frastuono

03 domenica Ott 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, finezza, scenari

C’è mancanza di finezza nel disegno di oggi:
si salva qualche bustina di zucchero con alberi
tratteggiati in leggerezza. Persino Topolino
è più aggressivo: linee spesse, tinte forti, contrasto
e non sfumatura. I francobolli commemorativi
che ancora emettono benché più nessuno
spedisca lettere, sono orrende patacche
pubblicitarie. Non ricami ma strutture di tubi
grossi, protervi, è questo il disegno di oggi:
non discorso ma urlo, solo urlo, le automobili
di sera tengono gli anabbaglianti anche dove
è illuminato a giorno e le luci di posizione
basterebbero e in molti bar, non tutti per fortuna
ti inseguono musiche che sono colpi di martello.

E anche in questo non posso non pensare
(lo so, può diventare un’ossessione)
a te così fine e così fina, sussurravi sottovoce
parole precise come miniature d’amanuensi
o taglienti come lame di Toledo, tu nitida
pittura fiamminga su carta velina e insieme
dipinto impressionista tentato con gessetti
da un madonnaro su un lastrico scabroso:
tu filigrana fragile preziosa, tu altre cose
che non so dire e che nessuno ha detto:
tu elegante nel pianto e composta e severa
fino all’ultimo gesto dilaniato – i tuoi sorrisi
conservo nello scrigno provvisorio
del mio cuore, delicatissimi prodigi:
li difendo, per un poco, dal frastuono.


Scritta nel 2021.

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