Sulla linea per Savona
la prima galleria è poco dopo Mondovì.
Poi, ci sono mutamenti nel paesaggio:
case che hanno ciascuna il suo orto
quadrato, scuro, con teli di plastica
e già un pianto altisonante, impercettibile.
Alla stazione di Ceva
c’è un silenzio inconfessabile:
solo un ronzio, qualche cane
da lontano. Nessuno, nessuno.
La Cevetta è in magra, meno acqua che fango.
Dalle nuvole il sole
trapela faticando.
Sul piazzale
ti sento accompagnarmi, ma so
che è mio sogno e arbitrio. La corriera
è ancora gratis, perché è vietato fare
(causa covid che ancora si allunga)
i biglietti in vettura ma gli autisti
(esseri umani)
non ti lasciano a terra, ti fanno salire:
“tranquillo, va bene così”.
A Priola il cielo s’apre in un azzurro
precario ma reale. Salgo a piedi
verso Casario, lentamente, osservando
qualsiasi cosa con l’avidità
che dà la nostalgia.
Arrivato su, il cielo s’è proprio pulito:
sfavilla il sole dell’una, delle due
e chiaro nella valle il fiume appare.
Il lavatoio dove inizia l’abitato:
me ne avevi parlato. La casa
della tua infanzia. Il silenzio sale
a un parossismo, nemmeno vento né uccelli.
Una fontana, un’altra fontana:
un filo d’acqua urla come un torrente.
Dalla casa alla chiesa del funerale
è sempre la stessa via, sulla costa
dei monti. Il campanile batte
con violenza le due, le ripete
dopo qualche minuto
per conferma, perché tutti sappiano.
Sulla via del cimitero
finalmente incontro un vecchio:
lo saluto prima io, stranamente, esclamando:
buongiorno!
e lui: buongiorno – ricade
immediato il silenzio, benefico.
Vado al cimitero per dare al viaggio
un punto di arrivo, ma
è più per i tuoi boschi, i tuoi luoghi
e le tue strade. Il cimitero in sé
non mi piace, e ho sempre da ridire:
quella targa che hanno appiccicato al marmo
non è bella, dovevano scrivere con lettere
di metallo direttamente sul marmo,
anche la frase non mi piace,
e poi quei due cuori e le due rondinelle
cosa significano? coppia? idillio? e quando mai?
è stato un casino ogni tua relazione
– ma sono solo un vecchio brontolone
persino sulle lapidi ed epigrafi.
Passando per la chiesa ho visto in bacheca
che ti hanno dedicato in suffragio
la messa della notte di Natale:
a te sola! è un privilegio raro
– rispetto queste cose, non ci credo
ma le rispetto, è buono, è un ricordo
e a loro modo è un dono per te.
Ci fosse stato più suffragio prima…
Ma era difficile, forse impossibile.
Penso al paese, a te ragazzina, mi aggrappo
alle mie solite fantasie: nei paesi
a volte c’è qualcuno, un tipo pensieroso
che vede più vicino e più lontano,
vede più dentro ma anche più fuori
e può agganciare uno sguardo, e con mosse
leggere, impercettibili, salvare
il diverso, lo strano, il delicato.
C’è a volte. Fantasie. Fantasie
ormai vanissime. Tu sei volata via.
Scendo verso Priola, cammino
lentamente, in tempo per la corriera
del ritorno, scende presto la notte
in pieno inverno. Tracce di neve
al camposanto, De Andrè, le fontane.
Nel silenzio le fontane suonano forte:
sono la vita e sono il suo finire.
Col nuovo anno non potrò più nemmeno
prendere treni e corriere. Pazienza.
Tu sei in un posto per il quale non esiste
collegamento: anche se certo ci verrò
ti troverò? Vorrei crederlo ma
la scienza infame m’inquina, la ragione
idiota – ora la scaccio, ritorno all’infanzia
mia e dell’umanità, quando le folgori
le scagliava il signor Zeus
e tutto era possibile.
Scritta nel 2021.