Vedere ragazze seminude o nude belle ragazze seminude o nude
che danzano nude o danzando si spogliano
o seminude giocano in luci e colori
in un locale con musica e gente
o nude giocano a pallavolo
su una spiaggia naturista
o nude posano per un fotografo
– è bello, non rompetemi le palle:
non rompetemi le palle
con i vostri discorsi volgari maschilisti
o sussiegosi femministi
che in questo caso – è curioso, no? –
vanno a parare allo stesso dispregio.
Non rompetemi le palle:
dire che queste cose fanno schifo perché
anche la tivù di Berlusconi le fa
è come dire che Dante fa schifo
perché anche Bondi le poesie le fa.
Belle ragazze seminude o nude
che danzano nude o danzando si spogliano
è un patrimonio dell’umanità
che l’Unesco dovrebbe tutelare:
affascinava ottomila anni fa,
finché c’è vita affascinerà.
E la ragazza che lo fa
– io la guardo con vasta gratitudine –
aggiunge al mondo un tocco di splendore
ruba un poco di luce
contro il buio vorace che noi tutti
attende con il suo sogghigno stronzo.
Vedere ragazze seminude o nude
nell’armonia del corpo in movimento
è bello, non rompetemi le palle
né rompetele a loro – guardatele piuttosto
e se siete fortunati baciatele
e anche fidanzàtevici
purché dopo fidanzate non diciate loro
di smettere di danzare seminude o nude:
se avete quell’idea piuttosto astenétevici.
Video creato il 19 dicembre 2017 con Simona Di Salvo.
l’odiosa purezza del mio essere impuro
mi rende inviso ai periti settori
delle scienze sepolte dentro i muri
delle accademie, delle beauty farm
coi pugni chiusi, coi gomiti tesi
salgo il corso delle vostre cantilene
non chiedo scusa
se spacco qualche naso
tenace come un rampicante salgo
sulla torre vulgata
dove sei prigioniera
non ti servono lunghi capelli
abbràcciati al mio stelo
e comincia a guardarti
i tuoi capezzoli sono stelle nuove
gonfie di luce, l’universo è un tumore
oscuro e infausto, tu escine linda
come un gatto da un bidone
corri verso di me
amo il profumo del tuo ventre, non m’importa
che cosa partorisce
ma t’ingravido se vuoi, facciamo figli
a iosa, a bizzeffe
spargiamo nostri figli dappertutto
è un quadretto la scena del mondo
folle di abeti che cercano il sole
folle diabetiche in cerca d’insulina
onde d’infranta fame sulle rive
spumeggiano
è un quadretto la scena del mondo
danza macabra d’alta qualità
in verticale 1080 pixel
o quanti gigabyte madama dorè
li voglio cancellare ma ecco
romba l’assalto dei teratosauri
ho bisogno di forza
ho bisogno di potere
devo fare cose che diano piacere
piacere è potere
piacerci è poterci
ho ingaggiato una modella per un cortometraggio
le ho precisato
nuda, e senza problemi di posizione delle gambe
voglio apertura
ha accettato, cinquanta euro all’ora, uguale
come la psicoterapeuta
sono rare le persone che accettano
l’odiosa purezza del mio essere impuro
è che
l’editto etico lo promulgarono
eunuchi revanscisti
penetrarono in tutte le parole
con la ferrea impotenza
della loro mancanza
tu dunque lascia che ti lecchi tutta
ascolta il mio odore, la mia bava, il mio dolore
ascolta il mio sudore, io
non ho niente da dirti
Non è una colpa passare in corso Belgio
a respirare l’aria che respiri,
o cercare una foto nella rete,
o mandarti un biglietto postale
ogni tre o quattro mesi:
anche se fra le nostre persone
non c’è quasi nessuna relazione.
Noi non siamo soltanto persone.
Certamente tu sei la tua persona
ma non sei solo questo:
sei nomi sei occhi sei alberi sei vie,
sei le mie poesie.
E la parte di te che sei tu
(vasta, meravigliosa)
ma non è la tua persona
io la posso assorbire, respirare:
come il vento, come il sole
non è né tua né mia né di nessuno:
non conosce appartenenza,
la sua sostanza è divina immanenza.
Tutti noi siamo tutto,
siamo un immenso tutto:
ridurci a persone è un difetto
di questo tempo nervoso ipercorretto:
merita la persona (sia chiaro)
un totale assoluto rispetto
ma non è tutto.
Che misero sarebbe il paesaggio
in cui nasciamo viviamo moriamo
se fossimo nient’altro che persone!
Sarebbe (ed è per chi lo crede) la
più totale straziata dannazione.
Per fortuna, io lo so, noi siamo interminati
immensi spazi di luci e colori
e indomabili odori.
Poi certo sì, la persona è importante:
sarebbe bello se la tua persona
accogliesse la mia personalmente:
la mia gioia sarebbe sfolgorante:
con il tuo personale permesso
del tuo mondo sarei cittadino:
così invece sono solo un clandestino:
ma è sempre meglio che tornare in Africa:
anche perché io non ho nessuna Africa:
io provengo dal nulla: a generarmi
è l’amore che provo per te.
Dunque vago nei margini, cercando
di non dare fastidio, sperando
in una sanatoria, un condono, magari
un foglio di soggiorno provvisorio.
Noi non siamo soltanto persone.
Se tu aprissi te stessa al mio entrare
non saresti tu a farlo ma il cosmo
pur essendo tu certo a deciderlo.
L’amore non si fa fra due persone:
le persone soltanto lo consentono
con libera scelta più o meno consapevole.
L’amore è fra mondi, è un fenomeno ampio:
tutto congiunge in magia irriducibile:
non lascia fuori nemmeno
un granello di polvere.
Noi non siamo soltanto persone.
Anche per questo mi piacciono le
troie, puttane, vacche cosiddette:
quelle che ammettono più navigazioni
fra galassie, fra costellazioni.
Noi non siamo soltanto persone.
Perciò vorrei parlarti, amore mio:
vorrei ci raccontassimo noi stessi
abbracciati in un letto o seduti in un caffè.
In mancanza, cammino in corso Belgio
a respirare l’aria che respiri: è
la comunione che posso, con te.
Noi non siamo soltanto persone.
Noi non siamo soltanto persone.
Paralipomeni o corollari
La persona è il pennello che dipinge la tela, la dipinge come vuole e come può. Io m’innamoro del quadro, non del pennello.
La persona è il sasso che fa cerchi nell’acqua. Mi affascinano i cerchi, non il sasso. Talvolta, mi affascinano cerchi che s’incrociano, prodotti da sassi diversi.
Perciò sono in grado di amare da una certa distanza: una distanza da cui io possa sbirciare uno scorcio del quadro, una distanza da cui io possa sentire il muoversi dell’acqua.
L’impulso è, naturalmente, avvicinarmi al massimo: unire pennelli, congiungere sassi.
Ma, in mancanza, camminare in corso Belgio è qualcosa.
Maledetto disordine, ho lasciato sul frigo
la carta della tavoletta di cioccolata,
così m’ha illuso, invece è vuota, vuota.
Sì, era quella da 49 centesimi all’etto
ma adesso non facciamo come la volpe e l’uva.
Fra l’altro anche l’uva è finita, l’avevo
presa ieri all’Ekom di corso Belgio
ed è finita. C’è qualche mandarino.
È una sera così, non è che va male,
sono in cucina e tutto intorno c’è il mondo
con gli amori reietti, il football, la fame,
nei bar ci sono uomini che in piedi al bancone
muovono il collo in un certo loro modo
come dei onnipotenti, altri seduti ai tavoli
intimoriti scansano gli sguardi – io non so
chi si dovrebbe amare, chi ammirare
e chi invece spregiare, non capisco
il meccanismo, c’è un continuo scarto
da norme che comunque non conosco.
Mi metto su la giacca e vado al supermercato
aperto di notte a comprare cioccolato?
Ma forse nel tragitto mi passa la voglia.
Ho uno yogurt alla prugna e dei biscotti.
Fuori c’è tutta quella gente che cammina
e dice cose, non so. Sono stanco
o forse no, forse uscirò, non so.
Gentile e onesto – disse il puttaniere –
è il lavoro della puttana: quasi nessuna
mi tratta con violenza, l’abbandono
è programmato e non irreversibile,
il rifiuto raro e, nel caso, motivato,
ciò che io devo dare pattuito
da prima, con chiarezza. C’è spesso
buon intendersi, buona volontà
e pochi malintesi. A qualcuna confido intimità
che nemmeno a una moglie dopo un secolo,
qualcuna s’impunta con orgoglio di mestiere
a curare il mio sesso riottoso
senza disagio, senz’ombra di giudizio:
qualunque cosa faccia, la puttana terrà
illesa la sua e la mia libertà.
Chiede per questo – disse il puttaniere –
una giusta mercede, è il suo lavoro.
Avessi mai trovato in vita mia
chi m’offrisse anche solo la metà
per le ragioni che chiamano amore.