
Che quella doveva essere la direzione, del resto, è stato deciso tanto tempo fa, quando qualcuno s’è inventato che in principio era il verbo, e l’ha fatto credere a tutti, per imporlo alla fine come inesorabile, o addirittura glorioso, destino. È un mezzuccio da ragazzini, convincere che fosse stabilito da sempre, dal passato, ciò che si vuole stabilito per il presente e il futuro: e infatti l’umanità era ragazzina quando l’inganno fu orchestrato. Però funziona – scrisse Enea Vaschz, e sentì una grande stanchezza mista a una quasi serena rassegnazione. Il velocissimo progresso tecnologico e scientifico di quegli anni stava già trasformando i corpi degli uomini in macchine: gli organi venivano sostituiti con protesi meccaniche, per rimediare i guasti, ma ormai sempre più spesso anche per migliorare le prestazioni dell’originale.
Sostituire un braccio di carne, odoroso di sudore, con un braccio meccanico, era tuttavia, a suo avviso, solo un primo passaggio, in fondo ancora rudimentale. Il passo successivo era già prevedibile, era già ovvio: un braccio virtuale, non più bisognoso di vero movimento in vero spazio. Perché usare materia, sempre esposta al rischio di difetti e logoramenti, e perché occupare spazio, sempre problematico e limitato? Tutto poteva essere trasformato nell’immagine virtuale senza spazio e senza materia. Allora sarà compiuta la trasformazione della realtà in narrazione, la metamorfosi delle cose in parole.
“Non credo però” – pensò Enea Vaschz – “che potranno narrare gli odori delle gambe delle donne così da far sì che la narrazione valga l’odore, né ottenere che la parola accenda la voglia olfattiva primaria. No. Sanno che è impossibile, e perciò gli odori li stanno già facendo dimenticare, li stanno sopprimendo. Il verbo vince come vincono i guerrieri di latta: grezzo, povero, crudele, noioso”.
Andò a dormire, sperando di sognare l’odore vulvare di Diletta, vero, conosciuto, annusato, oppure quelli di Grazia o di Federica, altrettanto veri, conosciuti, annusati. Sono pochi, sempre e comunque troppo pochi, in una vita, gli odori di donna in cui ci si è tuffati davvero: le vulve toccate con la lingua, non con il linguaggio.
Questo è il capitolo sessanta di L’odore delle gambe delle donne, Miraggi Edizioni, 2015. Lo si trova ordinandolo nelle migliori librerie oppure sul sito dell’Editore.