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Carlo Molinaro

~ poesie e altre cose

Carlo Molinaro

Archivi Mensili: gennaio 2018

Te la fa solo annusare

24 mercoledì Gen 2018

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

amore, cose erotiche, eros

non è bello quando dicono di una
«te la fa solo annusare»
io però in qualche caso rivaluterei
se hai un buon odore
buono intendo non per i profumieri
o i maniaci dell’igiene
dico buono sensuale
acuto e molle insieme
come solo gli odori di ragazze sanno essere
anche forte quasi sporco
tu ti metti lì
nuda
o anche solamente seminuda
e mi ti fai annusare

io ti giro intorno come un cane da trifola
ti inspiro
ti trattengo nelle narici come
trattengono in bocca il vino i sommelier
può bastare
se poi ci vengono idee più interattive
di tipo tattile eccetera
non le escludiamo
ma se non vengono va bene lo stesso
custodisco il tuo odore
nelle ampolle
della memoria olfattiva
bastano poche gocce per volare

e se invece non si può fare
neanche questo
pazienza però uffa
vedrò di sublimare la voglia
facendo belle foto a colombi e gabbiani
in riva al Po
così le posto su Instagram e Facebook
e mi mettono un sacco di like
tirano like gli uccelli
che fotografo

però preferirei una sniffata
di qualche tua buona piega sudata
collo, orecchio, ascella,
attaccatura inferiore della mammella,
plissetto del fianco, snodo
tra fica e coscia, incavo del ginocchio,
natica e via discorrendo
tranquilla che non t’accuserei mai
di farmela solo annusare
annusare è già tantissimo

niente dai lo so
che non si può
non funziona così il meccanismo
relazionale, ci vogliono
prerogative
come osserva benissimo il Gruccia
nel penultimo verso
d’una sua poesia


Scritta nel 2018.

Poesia che parte da una certa altitudine romantica per approdare a una concreta e corretta realtà relazionale

22 lunedì Gen 2018

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

amore respinto, relazioni

Vorrei essere primavera
per entrare da te
sicuro, senza bussare.

Così come vorrei essere sole
per illuminare la tua scena
senza alcun bisogno
d’un tuo consenso.

Così come vorrei essere vento
per scompigliarti i capelli
e carezzarti le spalle
senza chiedere permesso.

Ma non sono primavera,
sono uomo:
dunque devo con incertezza bussare
e accettare che non apri

e magari non insistere
dieci anni a bussare, perché
ti
rompo
i
coglioni.


Scritta nel 2018.

Centro per anziani

22 lunedì Gen 2018

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

cose di dentro, scenari

Uno spicchio di sole fa brillare le girandole
piantate in un triangolo d’erba
fra bassi muriccioli
nel cortile della casa di riposo
fra via Oropa e via Varallo:
il vento collabora facendo girare
le piccole pale e sventolare bandierine
colorate di verde, di giallo, d’arancio:
ronza quasi una musica dal cielo
tutto azzurro, nel pieno meriggio.

Ma nessun vecchio guarda: non è semplice
distrarsi dalla morte: resta ognuno
ripiegato, da solo, su sé stesso
fissato al seducente raccapriccio
del proprio sfarsi: l’unico spettacolo
superstite alla noia. Questa sera
succhieranno minestra avidamente
da cucchiai come capezzoli di madri
avare, traditrici. La bella giornata
di sole e di vento li prende per il culo
come gli sguardi di certi ragazzi
che corrono per strada, violenti e luminosi.


Scritta nel 2018.

Le facili difficili e le difficili facili

22 lunedì Gen 2018

Posted by carlomolinaro in prosa

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amore, eros

Pervenire all’illibata stretta fica della sedicenne Teresa fu piacevole e interessante, e mi parve naturale: ci frequentavamo da un anno, ci vedevamo ogni settimana in un grazioso caffè a parlare di vita, arte, nuvole. C’era attrazione, c’era fascino. Poi ci baciammo, e non era scontato che accadesse; e poi, a casa mia, scopammo, la sverginai, e nemmeno questo ovviamente era scontato che accadesse, ma non mi parve così strano né così imprevisto. Avevo esattamente trent’anni più di lei, quarantasei a sedici. Andò bene, la storia si mantenne leggera e lei, sbloccata, nei mesi successivi fece sesso con molti, e andammo avanti per le nostre vite, e restammo amici.

Maggiore stupore e maggiore emozione mi diede, poco tempo dopo, pervenire alla spianata fica della venticinquenne Marta, nella sobria camera di un piccolo albergo. Marta m’innamorò molto, ed era una riconosciuta “troia”: non nel senso che si prostituisse, ma perché la dava facilmente a “tutti”. Nella zona, quasi non c’era maschio che non fosse stato fra le sue cosce, e proverbiali erano i suoi pompini al volo, offerti per gioco persino a sconosciuti. Ecco, Marta apparteneva a una tipologia di ragazza che per me è sempre stata tanto desiderabile quanto impossibile. Le ragazze “facili” sono sempre state le mie preferite, ma si sono sempre rivelate, almeno per me, difficilissime. Molto più difficili di una vergine, anche se avevano scopato con mille.

Marta fu dunque una gioiosa sorpresa e divenne un grande amore, benché la storia con lei durasse solo mezz’anno (durante il qual mezz’anno ella non smise, per fortuna, di scopare con molti altri). Scrissi per lei un intero libro di poesie. Provai dolore forte e intenso per la fine del nostro amoreggiare, anche se siamo sempre amici. Considero Marta una luminosa eccezione alla regola per cui le “facili” mi seducono ma mi respingono.

Di quante “troie” mi sono innamorato nella vita – alcune anche con attività collaterali di pornografia e prostituzione – altre semplicemente molto scopanti, con gusto, con molti! E quasi tutte mi hanno mandato a quel paese; più fortuna ho avuto con ragazze più caste, di poche e moderate esperienze, state con un numero di uomini da contare sulle dita delle mani, e considerate a volte proprio “difficili”.

Sul perché di questa inversione, nel corso della mia vita, tra “facili” e “difficili”, sul perché mi sono state difficili le facili e più facili le difficili, ho riflettuto talvolta, ma solo in tarda età (adesso, insomma) sono arrivato a un’illuminazione. Ho capito che non c’è niente di strano. Sta dentro una regola generale. La regola generale per cui si è più respinti da quelle di cui più ci s’innamora. Niente di strano.

Io m’innamoro (soprattutto) delle “troie” e le “troie” mi mandano a cagare perché, innamorato, mi slancio su di loro, le turbo, le invado, voglio tutto subito, così come ogni normale innamorato vuole da qualsiasi donna di cui s’innamora. Di altri tipi di ragazze m’innamoro (solitamente) di meno, e allora si va tranquilli, lascio che le cose scorrano con i loro tempi, non faccio mosse avventate, aspetto, chiacchiero, conosco con calma, e loro alla fine, a volte, ci stanno. Riesco a sedurle di più perché le amo di meno – brutto da dire, ma credo che questa sia una regola. Le “troie” le amo troppo e loro mi scacciano non perché “troie” ma perché troppo amate.

Niente di strano, dunque. Cioè, forse è strana la mia predilezione per le “troie”, non so, ce l’ho sempre avuta, non mi piacciono le caste e le pudibonde, mi piacciono quelle che apertamente scopano tanto e con tanti, per qualunque motivo lo facciano. Ma che esse mi mandino (quasi) sempre a cagare sta in una regola comune, niente di strano, ripeto: è la regola che più t’innamori più vieni respinto. Bisogna amare con misura, per graduali percorsi, ma io, quando son preso, non sono capace, non sono mai stato capace. E bon.


Scritto nel 2018.

Passando davanti al cinema porno di corso Principe Oddone

11 giovedì Gen 2018

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

cose di dentro

rincasando stasera un poco stanco
sono passato davanti al cinema porno
di corso Principe Oddone
e non fosse che stavano chiudendo
avrei voluto buttarmici dentro
costa anche poco
su una poltroncina qualsiasi
sgualcita e non proprio pulitissima
a sonnecchiare, sognare
riposare, un poco guardare
lo schermo, solo un poco, volendo

nel cinema porno puoi entrare
in un momento qualsiasi
accasciarti su una poltroncina
e non badare a nulla
sonnecchiare, sognare
guardare un poco lo schermo
se vuoi

gli altri cinema non vanno bene
negli altri cinema devi entrare
al momento giusto, quando l’addetto
(che una volta si chiamava maschera)
dice che si può accedere alla sala
poi sorbirti la pubblicità
che è brutta brutta, la pubblicità
associa automobili a emozioni
quello è sconcio, non un cazzo in culo

e poi guardare il film
possibilmente in silenzio
fino alla fine
con attenzione
se no che ci sei andato a fare
e persino alla fine
non puoi rilassarti
devi stare attento ad aspettare
che siano passati tutti i titoli di coda
prima di alzarti, se no
è mancanza di rispetto

beh, i nomi dei titoli di coda
a volte ci si diverte
sono centinaia, forse migliaia
faccio statistiche
quanti ebraici quanti inglesi quanti latini
quanti Barney quanti Smith quanti Sánchez
e a volte ce ne sono divertenti
ovvio che nell’attimo successivo
non ne ricordo nessuno

io dei film
anche dei film che mi piacciono
non ricordo mai il titolo
né il regista né l’attore principale
confondo tutto
ricordo sfumature, piccole sequenze slegate
impressioni
quasi niente
e poi mi chiedono
hai visto quel film tale e tale
e io non so se l’ho visto
e resto imbarazzato

al cinema porno nessun problema invece
nessuno ha niente da ridire
entri ed esci quando vuoi
di solito i titoli di coda non ci sono
e anche quelli di testa
sono molto elementari
spesso il regista si chiama Thomas Turbato
che è geniale fra l’altro
più geniale di Quentin Tarantino
va ben che Quentin Tarantino forse
è il nome vero, non so

comunque nel cinema porno
ti rilassi
nessuno ha niente da ridire
non hai niente che devi vedere
né che devi ricordare
né che devi rispettare
niente che devi, insomma
sonnecchi, sogni
guardi se vuoi quando vuoi
e non devi ricordare
niente
è rilassante

la felicità assomiglia forse a un posto
dove non c’è niente da ridire
tu sei lì come vuoi
non c’è niente da dire
sei lì e bon
sei lì

stasera al cinema porno
di corso Principe Oddone
un riposino me lo sarei fatto
nell’odore di velluto vecchio e plastica
ogni tanto sullo schermo una figa, un cazzo
da non collocare in nessuna storia
un riposino si poteva fare
ma stavano chiudendo


Scritta nel 2018.

Le lettere

06 sabato Gen 2018

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

cose di dentro, scenari

C’è quiete stasera. La monofaga
mangia in cucina, decide
se andare o no a ballare da sola. Ho letto
qualche pagina delle lettere a Bruna
di Ungà, disteso sul letto. La pioggia
è scesa, oggi, lieve. Ci sono
poche luci basse nella casa.

Penso alle lente lettere manoscritte
che in venti giorni traversavano
il mondo – nemmeno così lente, in fondo:
la monofaga si dispera in tempo reale
col ragazzo riottoso, non riesce
a mangiare nemmeno se la lascio,
come chiede, in cucina da sola.

Lettere a inchiostro su carta, voglio scriverne
una a Vanessa a Madrid, che ha
cambiato casa: inaugurare
il suo nuovo indirizzo. Ma ormai
si sa che è un gioco, che ci si accerterà
su Whatsapp: non è ancora arrivata?

Nel 1966, simultaneo a Ungà
scrivevo a Miho a Tokyo, ad Ángela a Madrid
con il mio inglese e spagnolo di bambino,
discúlpame Ángela porque lo estudio
solamente desde hace un mes:
era per sempre un mese, in realtà leggiucchiavo
pagine sparse d’una grammatica
senza nessun metodico progresso.

Per settimane o mesi aspettavo risposta,
di solito arrivava. L’innamorata in cucina
non riesce a deglutire, cerca tracce d’amore
sul cellulare. Alla velocità della luce
non arrivano. Ci sono poche luci
basse nella casa. Qualcosa è cambiato,
qualcosa resta uguale. La ragazza
non ce la fa, esce sotto la pioggia
digiuna. Qualcosa
da sempre e per sempre resta uguale.

Ho scritto su carta dalla Catalunya
una lettera a Torino: nell’ufficio postale di Reus
l’impiegata gentile mi ha dato un francobollo
molto bello. Ma è stalking. Qualcosa
da sempre e per sempre resta uguale,
mentre qualcosa cambia. Spero
non prenda troppo freddo la mia
ospite disperata: il cavaliere
riottoso è un deejay. Quanto a me,
ora lo so, non m’innamoro più.

Ci sono poche luci basse, dolci
nella casa. Prendo un foglio di carta
e una buona penna scorrevole:
voglio mandare una lettera a Madrid:
tutto il vuoto del nulla che ho da dire
sarà confortato dal lieve frusciare
e piegare e poter infilare
nella busta una piuma, un biglietto
del tram consumato, qualcosa
che sia da sé, non detto da me:
e soprattutto poi
la lunga attesa di tutto o di nulla
con lunghe pause quiete:
non lo spasmo a ogni bip di cellulare
ma solamente quando passa il postino.

Però niente, indietro non si torna:
qualcosa è cambiato anche se
la gola chiusa d’amore resta uguale.
Ecco, ora è tornata, la ragazza, la vorrei
confortare ma dice
che intender non lo può chi non lo prova
– e ha ragione, ha da sempre ragione.

La aiuto a mandare dei curriculum
in formato europeo a qualche bar
e centro commerciale, bisogna lavorare.


Scritta nel 2018.

Smettete, ragazzi, di rinunciare all’amore

01 lunedì Gen 2018

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

amore, impegno civile, scenari

Gli sballi, gli schemi, gli sbagli, i paletti,
divertirsi in modi fighi, accettati, il timore
del troppo, amfetamine per fare
da programma l’alba, poi senza navigatore
vi perdete fra Beinasco e Orbassano
in devastanti solitudini, un taglio
di capelli, un trucco, la musica
e le lacrime, quelle vere, nascoste:
mi finirete, lo so, nelle stesse
malinconiche dinamiche di coppia
dei padri e dei nonni, nessuna
rivoluzione: fa troppo paura
la liberazione – che gabbia di dèmoni
è il cuore, che inferno è il paradiso
di luce immensa fuori, che non s’apra
la porta, che nemmeno si socchiuda – ma
questo frastuono che ai sentimenti mescola
la propaganda dei venditori furbi
è una gabbia peggiore, è la stia
dove ingrassare polli redditizi:
non ci sarà nessuno a consolarvi
nel giorno del macello
dunque gridate più forte, cercatevi,
trovatevi, tenetevi per mano:
smettete, ragazzi, di rinunciare all’amore.


Scritta nel 2017.

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