In una piazzetta dove non passo quasi mai
e non so oggi come ci sono arrivato
vedo nella vetrina di un bar
uno che sembra Pier. È Pier. Entro.
Prendo un cappuccino. Lui è seduto
da solo a un tavolino. Lo saluto
e parliamo. Per dieci minuti gli parlo
da in piedi, perché non è scontato
sedersi al tavolino di qualcuno. Poi
scaldata la conversazione, mi siedo.
Dice che è in giro perché in casa
tante volte gli pesa stare. Gli rispondo
che oggi pomeriggio sono in giro
anch’io per un motivo simile.
Parliamo un momento del concertino
dal balconcino, poi di cose
più importanti. Lui racconta l’armonia
trovata con la compagna e interrotta da quella
che non guarda in faccia a nessuno.
Io racconto la relazione, la
in qualche modo relazione
con una ragazza giovane, problematica:
di come vorrei che fosse felice
con me o senza me, e come è difficile.
Parliamo, in sostanza, entrambi d’amore,
ma non è che si capisce subito.
E poi delle case, del lavoro, dei soldi.
Un suo amico cieco sta per essere sfrattato
e nessuno gli affitta, non dà garanzie.
E i servizi sociali? Eh, i servizi sociali…
Un’amica pittrice a reddito zero
anche lei niente casa, dorme una notte
da uno, una notte dall’altro. E i ragazzi
hanno problemi con le madri, coi padri
quasi tutti, è anormale trovare
una famiglia che va bene, ne conveniamo.
E il lavoro non c’è o è precario
e sì che il personale è politico:
l’ansia del mondo si somma all’ansia
del singolo e se il singolo è fragile è peggio.
Un altro uomo solo vestito di rosso
sta in piedi appoggiato alla stufa a gas
(non è un giorno caldo oggi)
e ci ascolta, mi pare, però non ci importa.
Pier mi fa vedere sul telefonino un pezzo
di video di un’amica che dipinge dal vivo
al suono di una chitarra in un locale:
e poi ci vedremo, se non prima, domenica
al concertino dal balconcino
e forse io che adesso ho una pensione
posso aiutare la mia ragazza a trovare
una casa sua, e spero che riprenda
gli studi, e lui dice che le farebbe bene
non tanto per trovare lavoro
ma per trovare sé stessa, è vero,
tutto è molto difficile ma non disperiamo.
Pago il cappuccino, chiedo del cesso,
è in cortile, ci vado, saluto, riprendo
il mio vagare, non si sta bene in casa
ma una casa ci vuole, anche solo
per uscirne, incontrarsi per caso, tornare.
Scritta nel 2019.