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Ti immagino in in luogo ampio
dove però non ti perdi, un luogo pieno
d’un voler bene che non lega e non schiaccia:
un luogo dove tu puoi ricomporti
o se preferisci restare scomposta
perché è revocato il requisito dell’ordine
all’essere sé stessi, all’essere felici.

Questo luogo ovviamente non esiste
ed è quasi inimmaginabile, quasi:
quasi, dal momento che lo immagino
e ti ci immagino. Solo un dio schizofrenico
può esserci e non essere tiranno:
ogni altra idea di dio è un’angheria.

Mie vane fantasie. Da quando tu
– lucente realtà, limpido specchio –
sei nell’altrove che nessuno sa
io ti ascolto in silenzio, così tu
attraversi il mio corpo come fanno
le brezze forti: la pelle non le ferma
e arrivano a soffiare fino al cuore
se m’abbandono e lascio che sia terra
la schiena e rami gli ossi e fiori gli occhi.

Per un momento. Poi cammino fuori
nel mondo, che è confuso e sparpagliato.
Mie fantasie. Ma era bello davvero
averti accanto per i lungodora.


Scritta nel 2021.