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Carlo Molinaro

~ poesie e altre cose

Carlo Molinaro

Archivi tag: amore

La morte, la fantasia

02 lunedì Gen 2023

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, amore e morte, cose di dentro, riflessioni

Il biglietto non credo che lo chiedano.
Non c’è ritorno, ma ciò che dà ansia
è che nemmeno è garantita l’andata.
Non è una stazione, è un posto qualsiasi
dove altri s’accorgono, a volte non subito
che il tuo corpo è morto. Tutto qui.

Pensare a un viaggio è soltanto fantasia.
Ogni cosa, sulla morte, è fantasia
tranne la morte nel suo “così fu”.

O forse anche quello, anche tutta la vita
è fantasia, un delirio controllato
per un istinto di prolungamento.
Istinto che a te in un dato momento
non è più bastato: ti sei fermata: eccomi
hai detto in faccia alla tua inseguitrice:
non mi prendi, sono io che prendo te.

Ogni cosa, sulla morte, è fantasia.
E mica sono diverso dagli altri:
anch’io ho bisogno di fantasia, delirio
controllato ma non troppo, che possa
credersi realtà, perché in fondo è protervo
pure dire “realtà”, dire “impossibile”…

Ascolta, i ricordi sono pieni di roba:
anche sorrisi e baci e quella gioia
rara di quando lo sguardo comprende
e l’altra gioia di quando tenersi
risana errori, sgranchisce un futuro
e il dolore di quando non si può
e le distanze, le attese, sono pieni
di roba i ricordi, ed è molto, però

non ho forza per reggere il finale
il finale non può essere quando
– mentre in case accanto qualcuno si versa
un bicchiere, un bambino s’addormenta
e altri litigano, guardano la tivù
o ritirano lenzuola, qualcuno
fa l’amore o mette sul tavolo
una bolletta da pagare –
– mentre nel cielo una luna piena alta
imbianca i tetti, toglie buio ai cortili –
– mentre io penso a tante cose e a te
che presto forse torneremo a vederci –
– mentre le strade sono vuote per decreto
di un governo abietto e rotolano rade
ruote d’auto, sonore, sull’asfalto –
– mentre, mentre, mentre, mentre –
tu prendi la scala pieghevole, ricordo
che l’avevamo messa sul lato del balcone
perché non ingombrasse, la sposti
e la apri, vicino alla ringhiera,
hai già scritto un biglietto, sali il primo
gradino, il secondo, potresti
cambiare ancora tutto, sali il terzo
e non c’è più ringhiera, stacchi i piedi
(i tuoi piedi bellissimi, leggeri)
e affidi ai cinque piani del palazzo
la fine – non ho forza per reggere
che sia la fine, se lo è sia maledetto
dio e sia maledetto tutto.

Non è così. Certe notti ti ho sentita
toccarmi con la mano, c’è un mare
alla finestra in cui nuoti, il dolore
è passato, mi parli nei sogni
in una lingua che presto imparerò
e il treno c’è, non si vede ma c’è:
come quel pomeriggio a Porta Nuova
ci baceremo di nuovo in stazione.

Sarà così vero che ci sembrerà
che tutto, prima, fosse fantasia.


Scritta nel 2023.

Il battito

29 giovedì Dic 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, cose di dentro, relazioni, riflessioni

[In restless dreams I walked alone
…
Silence like a cancer grows
…
Take my arms that I might reach you
…
mi metto di notte a sentire canzoni
che ti piacevano, ogni tanto lo faccio:
che cosa dovrei fare?]

Fra un pentimento e l’altro ti fidavi:
poggiavi l’orecchio sul mio petto nudo:
ci ascoltavamo il battito del cuore:
non ben formata la pelle, passava
la pulsazione dalla madre al feto:
eravamo indistintamente un insieme
rassicurante, ma l’acqua si rompeva:
i miracoli hanno prezzi da usurai:

il nido sicuro e la corona di spine
sono intrecci di rametti somiglianti
e fra un angelo e un demone c’è solo
uno sbalzo di luce a tradimento
che confonde le sagome e le ombre:

e più semplicemente la mia vita stava tutta
nell’addolcirsi o no del tuo respiro:
l’amore intero è un amore ammalato:
per essere vissuto va ridotto in frammenti:
ho creduto e hai creduto che intero ricucisse
i pezzettini in cui t’eri tagliata
ma è cosa per un dio, non per bambini piccoli

e grida, da dentro, il dio offeso: “chi ti ama
è usurpatore, impostore, non gli credere”:
e l’ira ti prendeva, tuttavia
fra un pentimento e l’altro ti fidavi
poggiavi l’orecchio sul mio petto nudo.

Fossimo potuti essere, dio mio
soltanto due ragazzi – ti ricordi
gennaio 2020, ai bagni pubblici
di via Vanchiglia, perché nel nuovo alloggio
non c’era ancora il gas, la doccia calda
io fuori ad aspettarti “non è male,
sono puliti” – hai detto, ti ricordi?


Scritta nel 2022.

Più sotto

29 giovedì Dic 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, cose di dentro

Mi hai lasciato due vuoti incolmabili:
uno è quello solito che scrivono
nei necrologi, dove a volte sarà vero a volte no
come le cose che si scrivono troppo spesso.

L’altro è quello che ti portavi in grembo, l’esito
di scavi remoti, sventramenti di terra
in cantieri mafiosi che tolgono i prati, i boschi
per cemento di profitto, da subito in rovina.

Abbiamo provato a colmare, a rifare
ma non siamo riusciti. Ora osservo da solo
quelle voragini che ti hanno inghiottita:
le rasento, come in cerca di un suono

vitale, una crepa invisibile per suggerire
che più sotto, nel nero non raggiunto da radici
si rannicchi un germoglio, si prepari paziente
ad allargarsi, a spaccare tutto in luce.


Scritta nel 2022.

Doppelσχιζο

18 domenica Dic 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, cose di dentro, riflessioni

Penso a volte che la schizofrenia
– mia visione ignorante, di poesia –
sia condizione di chi non combacia
(non sa, non vuole, non si sente adeguato
non capisce, si ribella, si annulla)
alla schizofrenia del mondo.

La schizofrenia del mondo:
quasi tutti passano quasi tutta la vita
a fare cose che non desiderano fare
e si raccontano, su questo, storie eroiche.
L’epica salva dalla verità.

Inaridisce il giardino interiore
ma anche questo è un bene, è funzionale:
il vigore di piante incontrollabili
potrebbe premere, come l’erba ai marciapiedi
sconnettere le cementine
dell’impiantito esteriore, lustrato
a rispecchiare senza contrazioni
rassicuranti scene familiari.

Però accade che prema: cominciano i crolli
preceduti da crepe, incrinature
impercepite benché percepibili.

Inghiottito in macerie
lo spazio stringe, stringe dappertutto:
non c’è qui luogo nemmeno al dolore.
Dove esco? Chi sono? Dove vado?
Chi mi somiglia in questi scorci oscuri?

È angoscia il lavoro ed è angoscia il non lavoro.
È angoscia il legame ed è angoscia il non legame.
È angoscia annuire ed è angoscia negare.
È angoscia l’amore ed è angoscia il disamore.
Hai visto ciò che non si può vedere:
è colpa tua! E non ti servirà
fuggire nei boschi, in riva ai fiumi, la colpa
t’insegue nelle falde e nelle vene:
persino la bellezza, ora spogliata
del casto paralume che l’attenua
nelle paci domestiche, ti brucia.
Non ti bastò la calda fioca luce
che per fiabe e silenzi perdona il mancare…

…
Sono già stanco di questa teoresi.
Nella prassi racconto storie anch’io
per far diga al dolore, ricavare
tra l’erta e la fiumana un mio vallivo
di fiori transitori, attracco d’anime
immaginarie. Poi cede, si chiude
questo goffo teatrino schizotipico:
spero ci sia un’uscita, qualcosa, un piazzale
o un giardino, panchine, prati, tu.


Scritta nel 2022.

A una porta non chiusa

10 giovedì Nov 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, riflessioni, scenari

Le lampadine consumano poco, dicevi:
non è quello che incide sulla bolletta.
Come saresti stata più avanti negli anni
da matura, da anziana, da vecchia?

Pensavo di morire molti decenni prima di te:
magari sposarti per lasciarti a lungo
in barba all’Inps, la reversibilità.
Invece…

(Sono disegnini di bambini i nostri aldilà:
si possono guardare con benevolenza
purché non generino potere al di qua.
Nell’altro mondo, che età si ha?)

Rinuncio a ogni fantasia, mi basta
la entrañable transparencia
de tu querida presencia

che scivola in qualche modo nella stanza
o in altri luoghi, in momenti qualsiasi.

Stiamo ancora a parlare, dicevi, non importa
che ora è: in braccio, la bocca vicina
dava al mio orecchio il suon della tua voce
e un vago incerto sogno d’avvenire
brevemente appariva, vacillava.

Dammi qualcosa di buono da mangiare
dicevi in notti di pianto e di rimprovero:
nutrire bene è già amare, dicevi
ma, dicevi, amare non esiste.

E niente, niente, non è stato niente
ed è tutto: una fioca luce vieta
al buio il suo trionfo, ti richiama
a un grembo ancora, a una porta non chiusa.


Scritta nel 2022.

Il denaro, la vecchia Peugeot

10 giovedì Nov 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, scenari, storia

Il denaro, il denaro. Quando sei venuta
ad abitare a Torino da me
hai venduto la macchina, era insostenibile
tenerla, e ci siamo detti che a Torino
se ne può fare a meno, ci sono i bus:
nella valle di boschi dove sei nata, no:
tre chilometri a piedi la corriera più vicina
che passa poi cinque o sei volte al giorno.

M’ero affezionato alla tua vecchia Peugeot
ammaccata: andava ancora bene.
Ma un’auto costa, chi ce l’ha lo sa.
La si sarebbe potuta anche tenere
se ci fosse stato il denaro, il denaro.

Ho amici costretti a vendere casa
e altri che casa non l’hanno mai avuta
costretti ad affannarsi, il denaro, il denaro:
affannarsi per vivere e la vita
scorre così, indicibile spreco.

I soldi non danno la felicità:
certo che no, si buttano dai ponti
anche figli d’industriali e divi di successo.
I soldi non danno la felicità
ma la loro mancanza dà problemi.

Dopo varie peripezie avevi ottenuto
il reddito di cittadinanza, qualche gracula borghese
avrebbe pure da obiettare, io vorrei
ritrovare la carabina di mio nonno
per sparare alle gracule borghesi.

Per carità, ci sono sempre stati
i ricchi e i poveri, ma si poteva sperare
in un progresso, invece mi pare
che il solco si allarghi. Il denaro, il denaro:
tutte le guerre si fanno per denaro
e anche lo yogurt lo compro con denaro,
il denaro mette il naso dappertutto.

Quando vado a fare i miei giri per l’urbe e la suburbe
due euro in tasca controllo che ci siano
nel caso che mi scappi da pisciare:
pisciare in città ti costa un caffè.

Che cosa è gratis? Forse respirare
(se non pretendi aria pulita) e l’amore
– ma un tetto e un letto per farlo, già no.
Pare che indietro non si possa tornare:
una volta inventato, il denaro
ha occupato ogni spazio.

Che merda! È così, dai secoli dei secoli.
Non era male la vecchia Peugeot:
l’ho guidata qualche volta, andava bene.
La sera che sei arrivata, piena di borse e scatole
per traslocare a casa mia… Poi, per il tempo
che l’abbiamo tenuta, la posteggiavamo
oltre corso Regina, fuori dalla zona blu
naturalmente. Era solo un’automobile
ma era tua…

Crepino i soldi e le borghesi gracule.


Scritta nel 2022.

È bene che nella notte ci sia un bar

10 giovedì Nov 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, infinito, riflessioni

Le mille pagine dei messaggi salvati
sono un promemoria di errori, miei:
tu li vedevi prima che accadessero
e li lasciavi accadere, mi guardavi
come un cretino o un bambino che è così.

Severa un giorno, poi benevolente,
poi di nuovo severa, disperata.

C’è anche dell’altro, sicuro, persino
dell’amore, in momenti di luce
in cui i bambini-che-erano-così
si facevano complici, negli occhi.

Ma questa sera, in un sabato grigio
sento il peso degli errori sulle spalle.
Metto la testa sul tavolo, come
a scuola per riposo o per castigo
sulle braccia conserte. Se tu fossi
in questa stanza, a toccarmi una spalla!

Non ci sei. Non c’è nulla né prima
che si nasca né dopo che si muore,
è logico, che vuoi? Ma ti parlo.
La logica è un’invenzione contorta
che inceppa un grande mistero infinito.

Avevi antenne più sensibili di quanto
sia normalmente nella specie umana:
vedevi chiaro e dicevi o scrivevi
precisa come il filo di una spada.

Poi a te stessa soccombevi e tutto
s’offuscava, perché non è possibile
guardare così tanto oltre il confine
che recitiamo per sopravvivenza.

Io recito che credo che tu sia
in un bel posto, ad aspettarmi forse.
Guardo i messaggi con i baci e i cuori
ma stasera prevalgono gli errori
di mia colpa, grandissima colpa.

Perché non posso messaggiarti adesso?
Ci sarebbe da dire ancora tanto!
Quante volte non ho capito un cazzo…

E tu capivi così tanto che
non lo potevi con altri condividere
e nemmeno con te. Psicanalisti
dicono che capire è già guarire:
ma è vero solo se a ciò che si è capito
ci s’incastona o ci si sottomette.

Dove sta scritto che vivere è bene?
È una sceneggiatura di commedia
che ci sostiene. Fuori dal teatro
è buio, è pieno di bestie feroci.

No? Non lo so. Non voglio sapere. Non so.

Che cosa importa… Tu sei volata via
e io sto qui davanti a una tastiera
a scrivere, forse per rimandare
la nube nera. Che cosa ridicola.

Calma, calma. Adesso leggo qualche pagina
di autori buoni, mi guardo qualche foto
di donne nude, potrei farmi una tisana
ma è faticoso, magari scendo al bar
di via Cravero, aperto tutta la notte:
è bene che nella notte ci sia un bar.

Perché le cose non si aggiustano in poesie.


Scritta nel 2022.

23 giugno, 32

26 martedì Lug 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, scenari

(avevi prenotato l’estrazione di un dente del giudizio
ti avevano trovato un posto per un anno dopo)

quando ti collego alle cose qui del tempo
mortale dei vivi
l’altro capo del filo di rame
è in […] che […] se […] *tu

a zigzag nelle lacune primordiali del testo
per la differenza di potenziale
una folgore violentissima

domani è, sarà, sarebbe, sarebbe stato, fu

(non così in principio era il verbo! rappezza
coniugazioni approssimate, arbitrarie
scappatoie di miseri mo[n]di inventati!)

il tuo compleanno, trentadue

«sei nata in uno dei giorni con più luce»
ha scritto Andrea una volta:
sono contento quando scrive di te
è quasi dividere un compito, un peso

ieri e stanotte mi sono arreso
sommerso
dall’onda di qualche ispirazione, sai
quando la poesia arriva, ha già delle parole
nitide, quelle, non altre:
un vento forte inatteso le porta, appaiono
chiare ma per poco, devi scrivere
subito o si richiude
la ferita di ciglia, di foglie, le palpebre
del bosco divaricate da un sussulto
di terra, d’aria

(il bosco, il tuo bosco)

non ho colto lo sfogo, mi sono rannicchiato
come un bambino muto, umido
del pianto del corpo:
ho lasciato passare

si farà a meno di quelle parole
di una manciata, forse, di versicoli
– servono? – non facciamola grossa, è
solo un mio piccolo lutto personale

[…]

ti vedo camminare con le gambe magre nude
sei la bambina nel fango della guerra
sei tutta la disperazione del mondo, di cui
io non sono all’altezza

(una cretina non ha disdetto l’appuntamento
la gente, così, ci fa perdere tempo)


Scritta nel 2022.

Versi in sogno

26 martedì Lug 2022

Posted by carlomolinaro in prosa

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amore, sogno

Stanotte ti ho sognata, ed era un sogno simile ad altri di mesi fa, in cui tu cercavi di dirmi delle cose, o a voce, o scrivendole, o passandomi un libro, ma io non riuscivo mai a sentire né a leggere, perché non potevo avvicinarmi, ero bloccato, c’erano delle barriere.

Nel sogno di stanotte invece sei più tranquilla, cominci a indicarmi parole sulla pagina di un libro, poi spingi il libro verso di me e stavolta vedo, leggo. Leggo e capisco, però molto svanisce, ma tu mi rassicuri, e su quattro versi, che sono isolati su una pagina ma continuano il discorso di una pagina precedente, mi soffermo, li vedo proprio bene, e mi sveglio.

Nel dormiveglia ancora, scatto in piedi, penso “stavolta non li perdo”, mi fiondo a capogiro al tavolo dove per fortuna c’è carta e c’è biro, e li trascrivo.

nemmeno i capelli degli uccelli
hanno gli intrichi dei miei
e devo dare un colpo
al panato, procedendo oltre

Prendo fiato, sono contento di averli trascritti. Per mezz’ora ho le orecchie strane, come quando passi di colpo da un’aria rarefatta e una più pesante, mi agito, prendo qualche goccia, dopo un po’ mi tranquillizzo, rileggo.

Certo, “panato” potrebbe essere un errore per “passato”, che avrebbe senso: un colpo al passato. Però (i miei studi di linguistica e filologia) bisogna stare attenti alla trappola della “lectio facilior”. Ho visto e trascritto “panato”, sono sicuro.

Tu usavi spesso dei piemontesismi (di confine ligure) deliziosi: l’arbanella, barattolo per metterci le conserve, il brandone, rimprovero/sgridata che, raccontavi, tuo nonno faceva a tuo padre se sgarrava…

Panato in piemontese vuol dire qualcosa come “invischiato, caduto in trappola”, potrebbe essere legato alla “pania”, anche se ho visto che alcuni lo collegano alla cotoletta im-panata e dunque pronta per essere fritta. T’ses panà: sei preso, sei in trappola, sei fritto.

Forse un colpo ai tuoi intrichi invischianti – richiamati da quelli bellissimi dei capelli, parlava dei tuoi capelli la prima poesia che scrissi per te, ricordi? – mandarli via, procedendo oltre. Citi anche gli uccelli, che possono essere presi alla pania, in un tipo di caccia molto crudele che oggi credo sia vietata.

O forse sono io che non capisco mai bene (mai: in nessuna circostanza!) ed è “passato”, non “panato”, è la cosa più logica. Mah.

Comunque grazie per essere venuta a trovarmi. Mi è parso che tu stessi abbastanza bene. Grazie per avermi dato quattro tuoi versi nuovi su cui meditare.

Sì, lo lo, la scienza, la neuroscienza, non sei tu, sono i miei neuroni, ma insomma, vada un po’ a quel paese pure la scienza, ho visto te e quei versi me li hai dati tu. Se procedi oltre, tienimi informato… se vuoi. Ne sarei contento. Per dove t’incammini?

Domani sono quattro anni da quando ci siamo visti la prima volta, ma lì da te il tempo è diverso o addirittura non esiste, forse. Non si può sapere.


Scritto nel 2022.

…

26 martedì Lug 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, cose di dentro, scenari

GRACILE
FRAGILE

ESILE
ESULE

Le parole civettano, sviano
per casuali suoni, fandonie.
Ti portano là dove vogliono loro
o là dove tu hai voluto che vogliano:
in sicure, per oggi, finzioni.

Ci siamo costruiti su un accomodante equivoco.
Esiste ciò che nomini.
Che scienza! Lo sapeva l’aborigeno:
dai un nome alle cose perché esse siano.

Un piccolo benevolo errore originale:
errata corrige:
dai un nome alle cose perché tu sia.

Può il tuo corpo essere stato
solo un gioco di ossa e di carne
vestito d’un peplo di parole insufficienti?

Né la pelle né il verbo contengono senso
eppure sento che è, che siamo, che sei.

Se tu sapessi come sono stanco.

Mi manca l’ombra nei tuoi occhi, il gesto
del tuo viso a guardarmi, la voce
stanca o impennata. Soprattutto manca
ciò che non so se sia mai stato: noi
non gli abbiamo dato nome:
non ci siamo fatti essere, ma
sento che è, che siamo, che sei.

È meglio chinarsi su cose mostrabili:
è fiorito esagerato il gladiolo sul balcone
e pende sul fico e su piante spontanee
infestanti – ma no, non le strappo, tranquilla.

Com’è delicata la tua mano sullo stelo.
Respiri bene, il polso è regolare.
Ti prendo il succo di frutta alla Coop.


Scritta nel 2022.

Allucinazione

23 mercoledì Feb 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, amore e morte, cose di dentro

Stamattina presto ho dato un po’ d’acqua
alle piante sul balcone, alle sette e cinquantuno
è uscito il sole dalle colline, limpido:
quando è limpido spara subito raggi bianchi
abbaglianti, ho pensato di farmi un caffè
ma camminando verso il cucinino
mi è parso faticoso lavare la caffettiera
e riempirla e metterla sul fuoco e accendere
il fuoco, così ho mangiato uno yogurt
che è lo stesso, mi sono seduto sul letto
fra miei pensieri e tu ti sei voltata
un attimo a guardarmi mentre ti sistemavi
la maglietta, così ti ho vista, eri seduta
sul mio ginocchio, ti sei chinata
per allacciarti, credo, le scarpe
e mi hai guardato di nuovo, come a dire
“esco, sono pronta”, era tutto normale
tranne il tuo essere un poco trasparente
e non avere peso, hai fatto un cenno
d’intesa come chi esce un attimo e poi torna:
non sei andata alla porta, sei svanita
come è naturale, penso, per le visioni:
eri soddisfatta, forse per ciò che andavi
a fare uscendo, e con un tipo di sorriso
che non è rimasto in nessuna fotografia
perché è di oggi, non di prima, mi hai reso
partecipe, è stato bello stamattina
per un istante – allucinazione? la si può
chiamare così però sia benedetta:
se la salute mentale è perderti del tutto
meglio essere malati, come in fondo
tu e io, trovandoci, siamo sempre stati.


Scritta nel 2022.

ἐόν

13 domenica Feb 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, essere, tutto

Χρὴ τὸ λέγειν τε νοεῖν τ’ ἐὸν ἔμμεναι
scrive Parmenide e Heidegger interpreta
«usa: il lasciar-essere-posto-davanti
come anche il prendersi-cura:
(l’) essente essendo» – interpretazione
profonda e motivata, il pensiero
è pensiero se si rivolge all’ἐόν –
ho finito il libro, lentamente
«Che cosa significa pensare?»

L’errore moderno: definire, ridurre
tutto a risposte, soluzioni, invece
è stato ed è un percorrere, un rivolgersi
ed è vicino al cuore, pensavo tu e io
ci siamo lasciati-essere-posti-davanti
come anche ci-siamo-presi-cura
di noi a tratti, per onde, è difficile:
ma il più considerevole, l’essente
non è potuto essere, era stato
diviso, fratturato. Forse in altri
spazi è ora intero, potrò
– io o qualcos’altro, una parte, non so –
esser davanti, ἔμμεν᾽ὤνηρ
ἐνάντιός τοι, prendermi cura
com’era promesso – è sabato mattina
dalle scale sento urti di porte
metalliche, voci di vicini, cupi rombi
che vanno, indecifrabili νεφέλαι
a confondere, nascondere, schiacciare.

Distolgo lo sguardo, l’orologio digitale
fa le undici e undici, i quattro uno in fila
m’innervosiscono, la loro eleganza
è inutile, nulla dicono, nulla.


Scritta nel 2022.

Sproloquio di contorno a questa poesia.

Ecco, questo è tutto

13 domenica Feb 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, scenari

mi ritornano i tuoi abbracci
radi, sorprendenti

quando abbandonavi la testa sul mio collo
e ti avvolgevi al mio corpo

le tue mani come foglie
mi tenevano albero, figlio

lo so che forse non significava
così tanto, però era tutto

non il Tutto sontuoso con la T maiuscola
ma un tutto più confidente, vicino
il tutto di quando si dice
in conclusione
“ecco, questo è tutto”

così ora questo è nulla
non il Nulla dei filosofi del cosmo
ma un mio nulla modesto
dove il tuo mancare è quanto basta
a perdermi, svanire


Scritta nel 2022.

31 gennaio, 1983, 2022

13 domenica Feb 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, cose di dentro

È arrivato il vento di mare a ripulire
Torino, proprio come quel mattino
dopo la notte che nacque Lucia.
Il vento toglie le ultime foglie
(le più testarde) agli alberi spogli.
Lucia è bellissima e ha quattro figli,
sul fiume azzurro si alzano uccelli
che guardo da lontano, dal balcone.
Quando lei nacque, avevo dieci anni
meno di lei adesso, rincorrevo
ogni cosa, ogni donna, forse niente.
Tutto cambia o non cambia, è ritornato
il vento caldo e fa vortici belli
ai crocevia delle vite, dove perdi
la strada e incontri ciò che non cercavi
e che è grazia trovare. Le ombre
salgono ai rami e i rami fanno gemme
predisposte alla luce. È bellissima
mia figlia, è una ragazza misteriosa
con le gioie e i dolori e con tutte le cose
di cui nessuno può sapere niente
come niente si sa del vento, delle sere.


Scritta nel 2022.

I giorni da ricordare

02 giovedì Dic 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, cose di dentro, scenari

Sentivo ieri per caso in un tratto di strada
Guccini: “è meglio poi un giorno solo da ricordare
che ricadere in una nuova realtà sempre identica”
bella frase, sarà vero? forse, ma che fai
il mattino dopo quel giorno, e quello dopo ancora?

E al termine del famoso giorno da leone, mentre muori
come vedi intorno a te le pecore, longeve, brucare?
Con un finale amore, o disprezzo, o nostalgia?
E se invece sopravvivi, ti metti a brucare
come loro e ricordi, ricordi, ricordi…?

Se confessare di esistere è una condanna a morte
– come tu dicevi – una scappatoia è nemmeno sapere
di esistere, perché se lo sai già lo confessi
a te stessa: il tribunale più severo. Mi hai lasciato
giorni con te da ricordare, ora mi sento svanire.

…

Per scrivere la tenerezza del tuo sguardo
non si può scrivere, bisogna cancellare
tutto ciò che è stato scritto su “tenerezza”
e su “sguardo”: la tua luce spietata sottile
mostra quanto sono sporche le parole.
Ma il silenzio è una paresi allucinata.
Se voglio (voglio?) non essere inghiottito
dal ronzio muto, forse posso narrare
come uno storico, certi dati oggettivi:
sorridevi nel lettino a Mondovì
le braccia alzate, il pensiero a qualcosa.


Scritta nel 2021.

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