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Dice l’amico mentre quieti mangiamo
dell’uva americana: «È impossibile
che il Tutto non abbia un senso» – per lui
è scientifico questo, è matematico.

Per me è invece una dubbiosa fede:
nessuna scienza garantisce senso
né alle singole cose né al Tutto
– secondo il mio parere e il mio sentire.

Dialogando su questa differenza
penso che siamo entrambi
caparbiamente rimasti bambini:
ma non tutti i bambini sono uguali.

Lui da piccolo chiedeva della morte
agli adulti e restava insoddisfatto
delle risposte. Io non chiedevo nulla
e scappavo a sedermi in riva al fiume.

E dopo tanti decenni facciamo
ciascuno ancora le medesime cose:
lui, più incisivo, cerca soluzioni,
io, trasognato, assorbo sensazioni.

E sia poi come sia, come non sia.
L’amico e la ragazza sono belli
nella penombra, lui a torso nudo,
lei con la blusa e il reggiseno blu
a disquisire – lei vaglia curiosa
tutte le tesi, mentre si diffonde
nell’aria il buon odore del caffè.

Ha senso questa sera essere qui.
Per tutto il resto, forse, si vedrà.


Scritta nel 2016.