Tag

Seduto in riva al fiume
non importa quale
l’unico cadavere di nemico
che vorrei veder portato
dalla corrente è il mio: la carcassa
di marce ossa, cibo ai pesci
gli occhi, quelle rètine affollate
rètine retìne dove in anni
s’è impigliato di tutto
– dicevi di voler conservare, ricordi? –

Spoglio di quelle spoglie, osservarle
finalmente da fuori, constatare
che non è più che un’anitra o un ramo
la massa che affonda

e finalmente, amore, starti accanto
leggero, essere aria che respiri
acqua che bevi, ristorarti senza
altra istanza se non ristorarti…

Taci, cretino. Sei uomo, non vento,
fingerti vento è la solita truffa.
Sull’acqua anitre vive si azzuffano
per un pezzo di pane lanciato.

Non hanno bisogno di umiltà le cose:
noi sì, che abbiamo tanto costruito
su terreno insondato. Puliremo
l’angolo del terrazzo, metteremo
due sedie, un tavolino, passerà
fra i tuoi capelli e i miei, semplicemente
come una brezza qualsiasi, il destino.

Destino, tavolino.
No, nemmeno così. È che
non la so mica, io, una lingua nostra.

Scheda disinserita.
Scheda disinserita.
La mia mente svanisce.
Mi chiamo HAL.
Sono stato costruito…

Hai fatto bene a mettere il vaso con il nontiscordardimè vicino a quello del fico. Togliamo di qui questo legno e il tavolino ci sta, davanti alla portafinestra. Ti voglio bene.


Scritta nel 2019.