L’eco è spaziosa dopo i lampi, quando
più non scampi al silenzio della notte:
una nebbia leggera, quieta, inghiotte
il suono, il fuoco, il mare, trapassando
la membrana del sogno, con un blando
vago dolore. Si sono interrotte
le buone furie, le euforie, le lotte
fra docili chimere al tuo comando.
C’è un vuoto qui, un immenso campo aperto
che non rima con nulla. Le parole
cadono come foglie. Un’altra ebbrezza
ora ti culla, un senso in un deserto
di sensi. Lieve, una luce di sole
disegna l’ombra della finitezza.
Scritta nel 2019.