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siamo tutti nel braccio della morte
e nella gamba, nel petto, nel culo
della morte – non c’è santi – ci fosse
ancora qualche frantume di piacere,
d’ebbri baci, qualcosa che per mia
faciloneria ho chiamato l’amore
e non so cosa sia, però lo voglio

più il tempo stringe, paradossalmente
più nulla sembra urgente:
finisce e non si rifinisce la vita,
non c’è da lambiccarsi per trovare
un finale a effetto, come in coda a un sonetto:
è un banale cessare, uno smettere
di essere
di

perché ci ossessiona, la personifichiamo
ma è l’esito del parto – non ci sono
personificazioni della nascita: magari
una signora di colorate vesti
in larghi gesti il grano a seminare:
chi lo semina è per poi falciare

c’è da fare nel frattempo, trovare
i sensi, le armonie, aiutare
a trovare, curare – si racconta
che nel braccio della morte
giochino con passione ai dadi
o alle carte, che nascano amicizie
forti, finali, dell’odio talvolta


Scritta nel 2019.