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È disadorno questo mondo senza te:
scarnificato, mostra uno scheletro
di tubi in lane di vetro, in cascami
marciti: a cosa servono, dissetano
o scaldano dei mostri? Qui è tutto
disordinato e guasto, la terra
scompare in pozze di sgretolata plastica
informe, indistruttibile, l’odore
delle pareti verdi degli ospizi
reca sfascio di vecchi, dolore
muto: la morte ha già portato via
ogni tregua di gioco, ogni parola
d’illusione o conforto, è disadorno
questo corteo di visi gonfi, tondi
terribili sorrisi scimuniti
a dondolare in vanità sui carri
senza nome delle tanatoforie
che rollano nei solchi del liquame:
dimmi tu, tu che sei andata via,
c’è erba ancora là sotto? Benché
lordata preme, avviluppa, stringe
la sozza bestia, la ricoprirà
di nuova primavera, asciugherà
le putride macerie, trasformando
questa nera palude in un giardino
mirabile di steli, sulla cima
dei quali possa fiorire il disegno
dei tuoi capelli adorni, rischiarati
dalla luce che nessun buio toglie?
Scritta nel 2022.