Non vi avvicinate. I bambini feriti
stanno chiusi, piegati, non ci sono per nessuno
e non si raccontano. Li raccontano altri
per approssimazioni, è meglio non sentire.
Stanno chiusi, piegati, senza sapere sanno
che nessuno può dire né guarire
né risarcire né restituire
né consolare. Chi li tocca ripunge
le ferite. Non vi avvicinate.
Può accadere che due bambini feriti
si accorgano fra loro, per essersi guardati
senza parole. È un rischio. Lo corrono
talvolta, prima rapidi, guardinghi
pronti alla fuga. Ogni taglio è diverso:
genera lingue sue mutevoli. Senza
sapere sanno che non si può capire.
Inventano un gioco che li renda complici
e se va bene, in tregua, si sorridono.
Passano gli anni, se passano: cancrena
o cicatrice, dissanguano o rifanno
vene nuove, una pelle compatibile
con l’esistenza o no. Chi muore, muore.
Chi vive ha voglia di guardare avanti
in quel tratto di strada che percorrere
sembra ora si possa, con parti salvate.
Ricorda a strappi le mutilazioni
e il sanguinare. Se prova a raccontare
ciò che adesso gli pare di vedere
più chiaro, ode in sé un uomo parlare
per approssimazioni, è meglio non sentire.
Non vi avvicinate. Il bambino ferito
non alza il capo, non apre le mani:
nell’uomo adulto che è sopravvissuto
sta in un piccolo spazio, silenzioso.
Se ne avverti il respiro, non fare rumore:
ha pianto a lungo, lascialo dormire.
[tutto questo, sono approssimazioni
insoddisfacenti, per tirare avanti]
Scritta nel 2022.