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(la voce a te dovuta)

{[Il pensiero che a te sia dovuta
la voce, mi ha portato a rileggere
Salinas e ho scoperto che il titolo
di Salinas è un verso di Garcilaso:
allora ho preso in prestito
le Egloghe alla biblioteca civica:
«mas con la lengua muerta y fría en la boca
pienso mover la voz a ti debida»
anche da morto, con la lingua fredda
vuol muovere la voce a lei dovuta
(«tra le ossa fini / dilaniate non potevo
respirare senza ridere» rispondi):
che noia questi Rinascimentali:
non amano donne, non amano persone:
amano l’amore proiettato:
un’immagine priva di sostanza
composta e ricomposta in una sorta
d’anatomia ideale, pornografica
senza corpo né anima: su questo
fanno versi eleganti, sofferenti
per finzione gloriosa, non contaminati
dalla volgare vita vera, roba
di servi e di bordelli.]

[Ah! Esagero, forse, sì, ma è che
a me non frega niente dell’amore:
sempre ho scritto di te, per te, con te:
molto incerto del mio sapere amare,
del mio sapere cosa fosse amore:
se c’è, sei tu che me l’hai fatto essere
vivendo e nominando: quando hai detto
«Carlo, il tuo amore per me
m’insegna ad amare me stessa», quando
hai detto «Carlo, ti sei innamorato
di me» – ecco allora
è esistito amarti, innamorarmi.
Non in concetti astratti, tantomeno
nei voli vani della fantasia
è, se esiste, l’amore: è, se è, là dove
lo fa essere, dicendo, la tua voce:
parlare amore è parlare di te.]}

La voce a te dovuta
non posso restituirla
con i miei versi, con le mie parole
d’inciampo e d’impotenza:
perché è la voce rubata con sgarbo:
perché è la tua, la voce a te dovuta.


Scritta il 25 febbraio 2024.