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sul tram tre una bambina dice
mamma mi prude la schiena
lo dice benissimo, non in bambinese
né in affettato adultese
né in televisionese, no, dice proprio
semplicemente
mamma mi prude la schiena
lo dice come è naturale che sia detto

con tutto che è vestita da bambina borghese
{borghese è tutto, tranne qualche
emarginato [ma (solo) qualche]}
con gonnella rossa sbuffante
e maglietta con principessa bionda

assomiglia moltissimo alla madre
sono belle le bambine che assomigliano alla madre
cioè, non è che siano belle
ma è bello <è divertente> che assomiglino
e possono poi essere anche belle

al padre no, non è così divertente
per una femmina assomigliare troppo al padre
è controproducente, può avere
tratti troppo virili, grossolani

assomigliano al padre le tre sorelle E.S.
in particolare la più piccola, T.
ma anche E. sta sviluppando con il tempo
un germe in tale direzione
non però in modo preoccupante

non dovrei andare a parare sempre lì
perché non dovrei?
paro dove mi pare
e divago quanto voglio divagare
[con tutte le parentesi che voglio]

maledetta tastiera che resta indietro al mio pensiero
le lente tastiere di Dover
ascoltando la bambina sul tram tre
mamma mi prude la schiena
ho pensato che vorrei rinascere
con un’altra lingua
e un altro corpo e un’altra voce

ho assimilato così tanti accenti e sintagmi
che le parole non mi sembrano mie
[le decido io, eppure]

ecco per esempio questo «eppure»
io da ragazzino non dicevo «eppure»
così come inciso, «eppure»-punto
e poi ho cominciato a sentirlo
e poi a dirlo
è ciò che voglio veramente?

anche
«è ciò che voglio veramente?»
è frase non del tutto mia
l’ho assorbita da qualche gergo

vorrei raschiare via tutte le parole
e come un giardiniere
liberate le aiuole
farle ricrescere dai semi,
dai semi antichi, farle rigermogliare
dalla loro preistoria
come sono veramente

dev’essere un mio problema remoto
perché da ragazzino m’ero inventato una lingua
– dico da ragazzino per evitare il TSO
ma a essere sincero
ci lavoravo su ancora verso i trent’anni –
una lingua solo mia, perfettamente inutile
ma perfettamente aderente
a me

poi ho smesso, per fortuna
ho smesso per via del <perfettamente inutile>
era però divertente
era complicatissima e affascinante

l’inverso del sempliciotto esperanto
non una lingua per comunicare con tutti
ma una lingua per comunicare con nessuno
difficile, inutile, divertente

poi ho voluto farmi capire
e sono pieno delle parole vostre
dei vostri accenti, delle vostre inflessioni
mi sono rivolto all’esterno
un poco

un caffettino, relazionarsi
si faccia attenzione
la mancanza d’empatia si manifesta

certe volte che capogiri, che capogiri
cade in vertigine il mio scheletro muto
spolpato

com’era Cenerentola, che le sorellastre
quello è mio, quell’altro è mio, ladra
la lasciano nuda
(nuda di un nudo disneycompatibile)
perché s’era vestita di roba scartata da loro
ma pur sempre loro

voi tutti potreste spogliarmi
delle parole che vi ho rubato:
io ne ho di mie, di veramente mie?
non lo so più

le parole, razionalmente lo so, dovrebbero essere
di tutti e di nessuno
come la donna di malaffare
(dio mio quanto amo le donne di malaffare)
di Max Manfredi:
di tutti e di nessuno,
come una lingua, come un altare

però non so
nella donna mi ritrovo se la abbraccio
avesse anche abbracciato e abbracciasse
un milione di altri uomini
fra le sue cosce riconosco me:
lei, di tutti e di nessuno, fa esistere me

la parola se non la riconosco
come generata da me in millenaria ontogenesi
non la so decifrare in voi, in te
nell’improbata filogenesi
parallela (parallela? come verificarlo?)
<difficile spiegare, difficile>
ed è capogiro, abisso, decomposizione
oltre che ovviamente
incomunicazione

{psichiatricamente potrebbe essere un io fragile il mio:
l’io forte avrà forse – che cazzo ne so? – un nucleo
invariante [plasticamente invariante? (è sensato?)]
che permane “io” nel sansebastianico martorio
di verbifrecce altrui, schizzi di carne e sangue, permane
– no, non lo visualizzo, è una cazzata}

{pure, come dicevo, se potessi rinascere
con un’altra lingua, un altro corpo,
altre parole, altra voce, altro tutto, sarei io, iissimo:
ho allora un mio solido nucleo
preverbale, prelinguistico, preformale,
precarnale, prepsichico, preontologico, lasciamo stare, boh}

nello smottare rovinoso dei sociali sintagmi
m’annovero disperso, smateriato:
è troppo abile il nemico
nell’espropriarmi l’anima
avocandola al suo lessico deviato

la palla candida che voglio lanciare
me l’annerisce mentre ancora ce l’ho in mano:
la lascio, inutile, cadere

mamma mi prude la schiena
l’ha detto bene però la bambina
sul tram tre, ho sentito quella schiena
prudere, normale, come fosse
prima d’ogni linguaggio
schiena davvero

poi cambierà anche lei, ma per oggi
è stato così


Scritta nel 2017.