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Il film è semplice, quasi una commedia.
Titoli di testa, stazione
di campagna, sguardi, si studiano.
Automobile, declivi, una piazzuola
a caso, curiosi, nervosi.
Stacco. Altra campagna, camminano
fra campi assolati, promana
calore la terra, casolari
oltre un rado orizzonte di rive.
Dissolvenza. Altri ambienti, uffici,
ambulatori, vie, piazze, caffè.
Fiume, lungofiume. Sguardi
si ascoltano, a lungo si ascoltano.
Stacco. Città. Stazione
più grande, le mani si toccano,
al treno un bacio, inatteso, improvviso.
Dissolvenza, messaggi. Non so,
forse so, non capisci, capisci?
Stacco, appartamento, divano letto.
L’amore, il non amore. Dissolvenza.
Casa, cucina. Abitano insieme
ora provvisoriamente. Poltrona.
Dialogo d’amore, furore, mangiare.
Uscire, parco, le scatta foto fra gli alberi,
al chiosco dei panini sottofondo
musicale sbagliato, carrellate
avanti, indietro, panoramiche inquiete.
Impossibile vivere insieme,
luce nel bagno, porte, bicchieri
tolti dal tavolo, spalle, tensione.
Stacco. Altra casa, altre case.
Fermata di tram, parole, ascoltare
pianti fughe aggressioni, brevi intarsi
di collera e dolcezza. Come d’uso
nella cinematografia contemporanea
titoli di coda repentini, niente
epilogo, si lascia all’intuizione.
Il film è semplice, quasi banale.

Ma il romanzo da cui è stato tratto
per intero nessuno l’ha mai letto.

Per intero nessuno l’ha mai scritto.


Scritta nel 2019.