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Carlo Molinaro

~ poesie e altre cose

Carlo Molinaro

Archivi tag: letteratura

Cinema e letteratura

27 venerdì Dic 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

amore, letteratura, scenari

Il film è semplice, quasi una commedia.
Titoli di testa, stazione
di campagna, sguardi, si studiano.
Automobile, declivi, una piazzuola
a caso, curiosi, nervosi.
Stacco. Altra campagna, camminano
fra campi assolati, promana
calore la terra, casolari
oltre un rado orizzonte di rive.
Dissolvenza. Altri ambienti, uffici,
ambulatori, vie, piazze, caffè.
Fiume, lungofiume. Sguardi
si ascoltano, a lungo si ascoltano.
Stacco. Città. Stazione
più grande, le mani si toccano,
al treno un bacio, inatteso, improvviso.
Dissolvenza, messaggi. Non so,
forse so, non capisci, capisci?
Stacco, appartamento, divano letto.
L’amore, il non amore. Dissolvenza.
Casa, cucina. Abitano insieme
ora provvisoriamente. Poltrona.
Dialogo d’amore, furore, mangiare.
Uscire, parco, le scatta foto fra gli alberi,
al chiosco dei panini sottofondo
musicale sbagliato, carrellate
avanti, indietro, panoramiche inquiete.
Impossibile vivere insieme,
luce nel bagno, porte, bicchieri
tolti dal tavolo, spalle, tensione.
Stacco. Altra casa, altre case.
Fermata di tram, parole, ascoltare
pianti fughe aggressioni, brevi intarsi
di collera e dolcezza. Come d’uso
nella cinematografia contemporanea
titoli di coda repentini, niente
epilogo, si lascia all’intuizione.
Il film è semplice, quasi banale.

Ma il romanzo da cui è stato tratto
per intero nessuno l’ha mai letto.

Per intero nessuno l’ha mai scritto.


Scritta nel 2019.

Quegli artisti ribelli

10 martedì Ott 2017

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

cose di dentro, letteratura

Scherzano sul porno, ironizzano su Dio,
s’irrigidiscono se parli del porno
che fa un’amica o amata o se dici
che anche Allah, naturalmente, è porco.
Lodano il trasgredire, s’imbarazzano
se trasgredisci in modi non previsti.

Affermano che l’arte, la poesia
è qualcosa staccato, un prodotto elaborato
che con la vita vissuta non c’entra.
Hanno vite riposte, riparate
da tende fitte al di là delle quali
non c’è da scherzare, poetare, ironizzare.

Io qui sempre mi confondo. Per me
è la vita che secerne la poesia
come un enzima la ghiandola, senza
nessun geniale trucco. Viceversa
– scusate il paradosso – molto spesso
è la vita che non c’entra con la vita.


Scritta nel 2017.

Perché faccio poesia

16 giovedì Feb 2017

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

cose di dentro, letteratura, linguaggio

ogni tanto in qualche intervista
qualche presentazione
mi chiedono
perché faccio poesia
e non so mai rispondere

oggi una risposta
m’è venuta in mente

faccio poesia perché
non posso vivere solo annusando
come un ignaro animale
ma nello stesso tempo
il mio verbo non crea il mondo

conoscenza senza onnipotenza
sapere senza potere
è una fregatura

ho un linguaggio inutile
devo almeno renderlo bellissimo


Scritta nel 2017.

Distinzione in breve

24 sabato Dic 2016

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

cose di dentro, letteratura

La poesia per me
è sangue, è sudore, è sperma:
emorragia, secrezione, eiaculazione.

La letteratura per me
è noia, è falsità, è vanità:
festone sulle armi del potere.

Non ho nient’altro da aggiungere
per chiarire il concetto.
Chi non lo capisce, si fotta.


Scritta nel 2016.

Il secolo

27 venerdì Mag 2016

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

letteratura

Non riesco – scusatemi, o
non scusatemi – a interessarmi al secolo,
alle sue esigenze, ai suoi gusti,
alle sue sensibilità. Il mio lettore
è fra mille anni o mille anni fa
– incidentalmente può essere oggi,
incidentalmente – sono molto presuntuoso,
lo so – scusatemi, o
non scusatemi – ma è il minimo,
mi sembra, per fare poesia:
farei altro, se no.

Poi – dico prevenendo un’obiezione –
scrivo moltissimo
di cose del mio secolo, ma
è per strappargliele via:
è perché, nel mio modo, le amo
disperatissimamente
e come un buono cavaliere antico
le devo – da sé stesse – salvare.


Scritta nel 2016.

La studentessa di medicina del 1896

17 domenica Gen 2016

Posted by carlomolinaro in prosa

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Tag

costume, letteratura

Su un tram di Torino nel 1896 sale una studentessa di medicina – strana creatura della modernità: lo racconta Edmondo De Amicis nel suo interessantissimo libro La carrozza di tutti.

Due uomini presenti sul tram incominciano a parlare di questa giovane che non se ne sta più a casa a cucire, ricamare, fare le pulizie e aspettare un marito, ma va all’università, e perdipiù a studiare medicina.

Trovo molto significativa la dialettica delle opinioni. Siamo a Torino nel 1896, il Novecento incombe.

Il primo uomo parte in modo concessivo a malincuore: «certo, sono cose moderne, adesso è così, però era meglio quando le ragazze stavano in casa».

Il secondo uomo, più progressista, ribatte che non c’è niente di male e che anzi è una cosa utile che ci siano donne che fanno il medico, soprattutto per visitare le altre donne, e dice più o meno così: «lotto con le unghie e con i denti per tenere mia figlia chiusa in uno scrigno, e poi lei ha un malessere nelle parti intime e arriva uno sconosciuto che ci mette le mani dappertutto».

Il primo uomo è un po’ toccato in positivo dall’argomentazione (evitare che un uomo medico metta le mani dappertutto) ma non è convinto, scuote il capo: «mah, sì, però a me una ragazza che sa tutto, non mi piace».

Il progressista replica in questo modo: «e allora dovresti andare a teatro, a vedere come tante ragazze in platea le fanno vedere [le tette nelle scollature] come frutta sul banco del mercato… io preferisco una che sa tutto a una che mostra tutto».

Riassumendo: la studentessa di medicina è una novità difficile da accettare, ma è utile perché eviterà che un uomo medico vada a toccarti una figlia o una moglie, aprendo lo scrigno dove le tieni giustamente chiuse. Inoltre, è più lodevole di quelle sgualdrinelle che vanno a teatro in abiti scollacciati (sembra sottinteso che si ritiene che le studentesse di medicina non vadano a teatro).

Trovo interessante il dialogo perché evidenzia che i due principali valori femminili sono non sapere e non mostrare (con la palese eccezione del bordello, dove le donne sanno e mostrano, ma va bene perché non sono donne, sono puttane).

Vabbè, era il 1896, sono passati centoventi anni e adesso è diverso. Resta, al massimo, qualche modo verbale – poco tempo fa a una serata di poesia una mia amica disse di un’altra amica, gradevolmente scollata: «eh, così è proprio come mostrarle sul banchetto al mercato».

Oggi (nella cosiddetta «nostra cultura») è abbastanza accettato che una donna sappia. Che mostri, è accettato anche – ma forse un po’ meno: il mostrare liberamente sé è collegato a un dare liberamente sé che un certo allarme qua e là lo crea ancora.


Scritto nel 2016.

Il grido

24 martedì Nov 2015

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

cose di dentro, entro incerti limiti, la parola rinvenuta, letteratura

Ah sì, Sandrina, sì, la poesia
devi intonarla con tutta la voce,
con tutte le parole che ci hanno
visti, pensati, toccati, inventati.

C’è un amore che lega chi non vende
anima e sogno, fa che si conosca
chi non s’è mai conosciuto, frantuma
i vizi vecchi, scardina le porte
versando luce agli ospizi più bui:
e prende a calci in culo le poetesse
dei ciclamini in vaso, i professori
farmacisti di sillabe, i cialtroni
timorosi di non ben figurare.

Ah, Sandrina, il più grande peccato
è regolarci il sangue nelle vene
perché non corra troppo, è lasciare
inascoltato un brivido, esitare
mentre una nota fugge che mai più
ci sfiorerà l’orecchio. Rinunciare
è il più grande peccato, bimba mia!

Se una brezza sparpaglia i suoi sussurri
vibrando piano a spigoli di case,
cori di foglie, musiche di luci,
è così poco quel che ne prendiamo!
Infausto chi non sente! Come puoi
andare via senza che salga un pianto
a liberarti gli occhi, senza che
esultino di gesti le tue mani?

Questa è la cosa che chiamo poesia:
il mio petto che s’apre come vela
a raccontare ogni minimo soffio
o feroce bufera, la mia schiena
tesa e paziente come un predatore
dal cuore vasto e fragile. Trovare
la cicatrice che in ogni parola
ha segnato il coltello della vita
e farla sanguinare, perché gridi.


Da Entro incerti limiti, Edizioni Joker, 2002; poi ristampata in La parola rinvenuta, Genesi Editrice, 2006.

L’ardita metafora

24 martedì Nov 2015

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

amore respinto, letteratura

La lettura di alcune pagine
mi ha appassionato irrimediabilmente
a un manoscritto custodito
in una biblioteca irraggiungibile
– irraggiungibile per me:
altri con facilità
vanno prendono leggono
forse distrattamente.

(Potete usare liberamente
– se combacia con voi –
questa ardita metafora
per qualsiasi vostro amore
respinto al mittente: non citate
l’autore, la poesia
è di tutti. Io non ho cercato mai
diritti né esclusive
su nessuno e su niente.)


Scritta nel 2015.

Il respiro

10 martedì Nov 2015

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

amore respinto, letteratura

Non so se i poeti del Duecento scherzassero
con tutto quel mancare il respiro
all’apparire di Madonna, in generale
io non so mai se gli uomini scherzino:
certo è uno scherzo l’abusato mozzafiato
di pubblicitari e giornalisti, ma
i poeti del Duecento non so, non so
se è tutta letteratura e la vita è un’altra cosa
e se è sempre stato così, non ho idea,
è una cosa che non comprendo. Ti ho vista
fra due scaffali in un supermercatino
in corso Tortona alle sei del pomeriggio
di oggi nove novembre duemilaquindici
e ci siamo detti solo ciao perché altro
non vuoi da me: ho sentito stringersi
qualche cosa all’altezza del cuore
e per alcuni secondi non sono riuscito
a respirare, poi con un colpo di tosse
mi sono ripreso – questa è la descrizione corretta,
oggettiva di quanto è accaduto.
Non so se i poeti del Duecento scherzassero,
non so se è tutta letteratura
quella che trovo in giro: tu a me
il respiro lo togli davvero, è un dato di fatto
ed è anche un problema reale.


Scritta nel 2015.

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