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c’è un limite
oltre il quale nulla
si può dire né dipingere
solo a volte qualcosa
in parte ricordare
ma confusi, in angoscia
i poeti finti
a distanza di sicurezza
se lo inventano, sono ridicoli
buffoni
quelli veri lo rasentano
con cautela, bisogna
salvare la pellaccia
e pubblicare i versi
c’è, al di là, un infinito oscuro
inutile ai nostri bei costrutti
una luce per cui le parole
sbiadiscono davvero
una luce o un buio, non si distingue
le parole si dileguano
davvero
non ne avrai nessuna gloria
se ti sporgi, in quello spazio
senza parole qualcosa ti chiama
qualcosa di molto importante
tu
ti chiama con un grido d’amore
muto, incessante
ma senza le parole ti sgretoli
in frammenti che non possono rispondere
se mai c’è stata una bussola
per una rotta su mari di non lingua
l’abbiamo persa: è spago di parole
a imbastirci, ci sfilacciamo senza
c’è un limite
e lo spazio al di qua
è quello della vita: non si può
tracimare: ci devi stare dentro
crescere è rimpicciolire
e diventare grandi
è diventare piccoli
abbastanza per non soffocare
ogni madre lo sa: per istinto
educa a muoverti meglio che puoi
nello spazio al di qua
così una leonessa insegna ai cuccioli
una donna ai bambini
ma qualcuno si affaccia
o è spinto a guardare, forse gli pare o sa
di venire da là
dall’infinito privo di parole
può essere un poeta ardimentoso
o un bimbo a cui il castello dei sensi
non viene bene: le carte
gli cadono, vede e rivede quel prima
che non si può né dire né dipingere
o può essere altro, non conosco le vie
ma qualunque sia il motivo c’è chi
sta male qua, è monco: da oltre
il limite sente sé stesso chiamare
forse un trauma, una ferita, d’altronde
le ferite sono porte, passaggi
labbra aperte su un vuoto che chiede
in silenzio di non essere vuoto
tu sei qui, qui dove non puoi essere
sussurra forse (ma è solo un’illazione
per il mistero che resta mistero)
qualcuno si sporge, riporta
(se si è tenuto saldo)
di qua un suono, un bagliore
che prova a evocare, trasportare
in parole, con esito modesto
ad altri non basta, è tutto più in là
più in là
chiama
c’è un limite, non lo posso descrivere
se non con grossolana
approssimazione
un filo d’acciaio a traverso degli occhi
un muro in fondo all’orto
la ringhiera d’un balcone
Scritta nel 2021.