Di sera
l’assalto è forte. Incredulo
della tua assenza irrevocabile
mangio in fretta, con il fastidio
di chi sa che sta perdendo un tempo
in cui dovrebbe fare qualcosa
di urgente, importante. Invece
nulla. Resto immobile. Il tempo
passa ancora, non so come possa:
qual è il suo movente?
Ieri un lapsus, parlando
di te con l’amico, dicevo
che benché la mia carne non sia spenta
può essere il migliore compimento
del mio tramonto
che tu rimanga volevo dire: l’ultima
ed è uscito dalla bocca: l’unica.
In me sei dilagata, adesso il vuoto
io non ho le parole per dirlo
né il corpo per toccarlo, ci scivolo
dentro, fuori, non distinguo spazio
né te né me.
Dove sei? Dove siamo?
Sale un blando rumore
dalla strada. Vorrei che si facesse più baccano
vorrei che si urlasse più forte di me.
O invece in un silenzio – ma è impossibile –
riudire la tua voce.
La tua voce. Perché quando scrivo
di te vorrei che fosse un’altra lingua
con altri suoni, per sentirci solo
musica, un ritmo, senza capire?
Scritta nel 2021.