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Carlo Molinaro

~ poesie e altre cose

Carlo Molinaro

Archivi tag: amore e morte

La morte, la fantasia

02 lunedì Gen 2023

Posted by carlomolinaro in poesie

≈ 1 Commento

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amore, amore e morte, cose di dentro, riflessioni

Il biglietto non credo che lo chiedano.
Non c’è ritorno, ma ciò che dà ansia
è che nemmeno è garantita l’andata.
Non è una stazione, è un posto qualsiasi
dove altri s’accorgono, a volte non subito
che il tuo corpo è morto. Tutto qui.

Pensare a un viaggio è soltanto fantasia.
Ogni cosa, sulla morte, è fantasia
tranne la morte nel suo “così fu”.

O forse anche quello, anche tutta la vita
è fantasia, un delirio controllato
per un istinto di prolungamento.
Istinto che a te in un dato momento
non è più bastato: ti sei fermata: eccomi
hai detto in faccia alla tua inseguitrice:
non mi prendi, sono io che prendo te.

Ogni cosa, sulla morte, è fantasia.
E mica sono diverso dagli altri:
anch’io ho bisogno di fantasia, delirio
controllato ma non troppo, che possa
credersi realtà, perché in fondo è protervo
pure dire “realtà”, dire “impossibile”…

Ascolta, i ricordi sono pieni di roba:
anche sorrisi e baci e quella gioia
rara di quando lo sguardo comprende
e l’altra gioia di quando tenersi
risana errori, sgranchisce un futuro
e il dolore di quando non si può
e le distanze, le attese, sono pieni
di roba i ricordi, ed è molto, però

non ho forza per reggere il finale
il finale non può essere quando
– mentre in case accanto qualcuno si versa
un bicchiere, un bambino s’addormenta
e altri litigano, guardano la tivù
o ritirano lenzuola, qualcuno
fa l’amore o mette sul tavolo
una bolletta da pagare –
– mentre nel cielo una luna piena alta
imbianca i tetti, toglie buio ai cortili –
– mentre io penso a tante cose e a te
che presto forse torneremo a vederci –
– mentre le strade sono vuote per decreto
di un governo abietto e rotolano rade
ruote d’auto, sonore, sull’asfalto –
– mentre, mentre, mentre, mentre –
tu prendi la scala pieghevole, ricordo
che l’avevamo messa sul lato del balcone
perché non ingombrasse, la sposti
e la apri, vicino alla ringhiera,
hai già scritto un biglietto, sali il primo
gradino, il secondo, potresti
cambiare ancora tutto, sali il terzo
e non c’è più ringhiera, stacchi i piedi
(i tuoi piedi bellissimi, leggeri)
e affidi ai cinque piani del palazzo
la fine – non ho forza per reggere
che sia la fine, se lo è sia maledetto
dio e sia maledetto tutto.

Non è così. Certe notti ti ho sentita
toccarmi con la mano, c’è un mare
alla finestra in cui nuoti, il dolore
è passato, mi parli nei sogni
in una lingua che presto imparerò
e il treno c’è, non si vede ma c’è:
come quel pomeriggio a Porta Nuova
ci baceremo di nuovo in stazione.

Sarà così vero che ci sembrerà
che tutto, prima, fosse fantasia.


Scritta nel 2023.

Senza fine

10 giovedì Nov 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, iperboli

Ho chiamato “assenza senza fine”
(Un garbo libero, pagina 86)
quella che m’imponevi vivendo
a un paio di chilometri di distanza
e poi fu interrotta da una tua telefonata.

Spreco di parole di poeta buffone:
così poi si rimane senza, quando
l’assenza è davvero, in questo mondo, senza fine:
muto nelle notti è l’abisso oltre il quale…

…

Nelle tue brevi rare poesie mai nessuna
parola di troppo, invece, tagli limpidi
di feroce chiarezza – portavi il miracolo.

Eri fra noi tu il poeta, non io.
Tu il poeta che oltrepassa, che deve oltrepassare
per vocazione irrevocabile il limite
del recinto in cui si permette la vita.


Scritta nel 2022.

Posta

10 giovedì Nov 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amicizia, amore e morte, impegno civile

La tua assenza, combinata
con la crescente ottusa violenza del mondo
e con somme di problemi di persone a me care
fa, come dicono, la tempesta perfetta.

Provo a distrarmi con roba erotica banale
(la più banale è la più efficace
a questo scopo) o filmando soli o lune
da mettere sui social.

Ma ogni cosa riconduce a te
che non ci sei, irrevocabilmente
e dunque togli a ogni cosa l’essere
sostanziale: rimane una recita
che annoia. Non c’è voglia né energia.

La recita è dei crudelissimi potenti
sostenuti dal coro dei rozzi ignoranti.
Quelli che se esci un millimetro dal solco
fanno: uò, uò, ma che, ciài problemi?

E certo che ne ho, deficiente, tu no?

Ma sì, ma no, poi c’è dell’altro, lo so.
Sono arrivate le cartoline
della figlia e del figlio
e un bel pacchetto da Leda Gheriglio:
la Posta qualche volta può salvare.

Provvisoriamente! Ma provvisoria
è ogni salvezza, e in generale tutto.


Scritta nel 2022.

Da Saba

10 giovedì Nov 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, citazioni

Quel pensiero di te, che tu vivi
mi consolava, a qualsiasi distanza.
Ora mi è tolto… Vivi in altri mondi?
Magra presa, come quando ai bambini
fanno promesse – per zittirli – a vanvera.


Scritta nel 2022.

Maschera

10 giovedì Nov 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte

Scrivevi: non sopporto la mascherina
– era quella del conte e dei draghi, sì, ma
non posso non vederci del più ampio:
avevi tolto così tante maschere al tuo corpo
da restare senza pelle, toccarti
era toccare nervi, sangue, vene:
e forse era illusoria l’epidermide
che accoglieva, ogni tanto, gli abbracci
come fossero veri.

Vorrei urlare ma ciurlano nel manico
gli strumenti, le frasi.

È tutto così vano e altisonante!
Per caricare un video su un social
devo cliccare crea, manco fossi
dio. Non si produce quasi niente di buono
ma si è tutti creatori, creatori di merda.

Come vorrei parlarti! Come mancano
le tue parole limpide, spietate
consolatrici come un temporale
che spezza un’oppressione – ma non ha
spezzato il peso delle tue catene:
ti sei dissolta, per fuggire, come
la nube dopo il dono della pioggia.

È tutto insopportabile. La gente
annuisce alla guerra, gli aguzzini
menano ai campi le anime non salve
nascoste in mascherine fluorescenti:
le sopportano, credono sia cielo:
hanno paura di svelarsi, muoiono
in longeve sbiadite anestesie.

Tu nata in giorni in cui la primavera
diventa estate ed è lunga la luce
hai rifiutato questa luce e l’estate
degli stupri e dei buoni consigli
dalle bocche deformi dei vecchi saputi.

Che fragore! Dal sabba infernale
di queste bolge al neon ti sei tuffata
in un silenzio oltremondano. Resto
qui a vacillare, respiro spiragli
incerti e rari al bordo di voragini
vacue, asfissianti. Ma già perdo il filo
di questa narrazione palliativa
su cui avresti molto da ridire
e che non so concludere: la chiusa
non sarà di mio pugno, apro la mano
e me la appoggio sul viso: nascosta
nel palmo, al riparo, in sogno ti ritrovo
con un odore – e tutto s’abbandona.


Scritta nel 2022.

A volte parlavamo di canzoni

10 giovedì Nov 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte

a volte parlavamo di canzoni
faccio fatica, adesso, a crederlo
il peso nero dell’assenza irrevocabile
schiaccia i fiori colorati dei ricordi
perché hai lasciato che il silenzio
crescesse come un cancro? le mie braccia
potevano raggiungerti, tenerti
curarti, forse, curarti, amore mio


Scritta nel 2022.

La fermata Pallanza

10 giovedì Nov 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, cose di dentro, luoghi

C’era il tuo nome sul citofono.
E la fermata Pallanza proprio davanti:
tu dicevi che il 68 passa meno del 15,
secondo me, dicevo io, passa più o meno uguale.

In certi momenti non lo reggo, è inconcepibile, è
insopportabile, sai? Come puoi
non esserci, in quest’estate troppo calda
che accartoccia le foglie?

Ho le gambe pesantissime, cammino
adagio ma cammino, e dunque in qualche modo
è sopportabile, pare, questo avanzo di tempo
privato di freschezza. Dove sei?


Scritta nel 2022.

Il sepolcro

18 giovedì Ago 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, scenari

Non so chi pregare e non so nemmeno stare
in raccoglimento. Ho bevuto alla fontana
del cimitero e ho riempito la borraccia:
è acqua dei tuoi monti. Parlare con te
o illudermi di farlo, quando viene viene
in qualsiasi luogo e di sicuro
tu non abiti qui, in questo condominio
di scatole d’ossa sigillate in piombo.

Però ogni tanto ci faccio una visita:
è un sacrario di segni, e se l’urne dei forti
a egregie cose pare possano accendere
il forte animo, alla mia debolezza
concedo un rito di pellegrinaggio
così fra noi, per la lapide semplice
che bella e santa a me fa Casario:
non se lo merita? perché, Firenze sì?
i fiorentini, te li raccomando!

Ma, soprattutto, vengo a questi boschi
e a questa valle, dove la bambina
ancora gioca e ride e qualche volta
più grandicella, io l’ho vista ridere
(un privilegio enorme): ti ricordi
la sera che proprio non siamo riusciti
ad accenderla, quella stufa a legna?

Non so chi pregare, va bene così:
se c’è speranza e spazio, ci sarà
e già c’è: mi confondo in un immenso
che non ha certo bisogno di me.

Però mi manchi, manchi dappertutto:
manca un pezzo a ogni cosa. Dove sei?


Scritta nel 2022.

Il canto delle valli

26 martedì Lug 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, cose di dentro, scenari

Non pensarci, mi dicono. Non posso
non pensarci, ma poi perché
non pensarci? Ti vedo arrivare
sotto casa, scesa forse dal quindici
apri il portone, sali a piedi i cinque piani,
apri la porta del tuo appartamento,
entri e chiudi. Non la aprirai mai più.

Ti vedo, non lo so cosa tu faccia
e quanto tempo passi, ma ti vedo:
metti accanto alla ringhiera la scaletta
con le tue braccia agili. Scrivi
l’ultima frase a penna su un foglietto
e lo appoggi sul tavolo con cura.
Forse ormai calma, non ti trema la mano
e c’è silenzio. Ti vedo interamente
pur non vedendo, ti vedo senza il rumore
del flusso vano di immagini che ingozza
quest’epoca gommosa, solitaria.

Ti vedo come sul muretto nella piazza
dove aspettammo che ci mostrassero un alloggio
e si parlava di modeste, ordinarie
cose: ti vedo come la mattina presto
sul lungodora, o a mangiare ciliegie
nello slargo, sulla panca arcobaleno.

Ti vedo come nessuno ha rubato
né in parole né in foto, custodita
in un’aria sospesa dove il sole
svela senza intenzione gli sciami dei corpuscoli.

E vedo la mia assenza, l’impotenza:
gli istanti alla rovescia del salire
ancora quattro scalini di metallo
tu delicata, debole, dolcissima
nell’attimo reale irreversibile
cadere in volo, sciolta, immolata:
“nemmeno i capelli degli uccelli
hanno gli intrichi dei miei”.

Sia benedetto il dolore perché è vero:
il suo ago trapassa il vaneggiare
fatuo che ci stordisce in prigionie
irretite di suoni e di bagliori:
fa sanguinare le nostre parole
e riesce ancora a ricucire mondi.

Sii benedetta, nel dolore, tu
che hai donato penombra e brezza lieve:
ti vedo dove non si trova traccia
di nessuna di quelle che non eri
né di me che nemmeno so chi fossi:
dove c’è spazio in cui si può ascoltare
il canto delle valli, delle foglie,
delle nubi, degli angeli, di noi.


Scritta nel 2022.

Notturno sul Po a San Mauro

26 martedì Lug 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, scenari

Sotto la chioma dei rami di un tiglio
osservo nella corrente i fantasmi
di luce rovesciata dalle case
dell’altra sponda. Inquadro con le dita
porzioni della scena, cerco fughe
limitate, per sogni non dispersi.

Rinuncio. Ciò che manca, dove manca?
Che cosa è qui? Sento il suono di scia
d’un uccello staccarsi dall’acqua.
Ci sono uccelli acquatici notturni?
Non vedo molto: il fiume, le frange
dei rami colmi di fiori odorosi.

Serve altro? Dove posso trovarti?
Questa lanterna magica dei sensi
è la vita, è l’amore? Dietro i vetri
colorati c’è luce? Com’è fatta?
Si vede senza occhi, senza lenti?

Vorrei morire, non morire, stare
sospeso, forse arrivi col tuo passo
di trampoliera magra, dalla riva
mi prendi in giro, mi dici: ma dai!


Scritta nel 2022.

Il vento nero

26 martedì Lug 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, scenari

Il vento nero
non dipende da me, non lo posso
evitare né causare.

Non viene dal pensiero: io posso pensare
a te intensamente, ricordare, persino
immaginarti, sognare – e non succede.

Di colpo succede, in qualsiasi momento:
parte forse da un minimo variare
di qualcosa di piccolo, si scatena, porta via
tutto da dentro.

Mi ritrovo – è difficile spiegare –
con la gabbia toracica vuota:
le costole come resti del fasciame
di una nave distrutta
dall’uragano.

Nessun organo più, né cuore né altro:
spazio deserto, mancanza
assoluta, mancanza di te
nel più intimo luogo, nel sacro del corpo
dove eri venuta ad abitare.

La pressione fa implodere in quel nulla
lo spirito, l’anima, il mondo, non so:
è solo buio, non esisto, cado
nel vento nero.

Il vento nero
finito il suo mestiere
si allenta, si calma, con spasimi ritorna
la pulsazione, il peso delle viscere
consueto: è il corpo di un vecchio che si mette
a sedere, si alza, compie azioni nel giorno
e pensa, sogna, spera di trovarti
per indulgenti varchi, si concede
la domanda del folle: dove sei?


Scritta nel 2022.

Dissipazione

19 martedì Apr 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, cose di dentro, scenari

Sei partita. Mi osservo decadere:
è più lungo il mio soggiorno. Non dico
manchi bellezza in quest’isola sferica
che tra altre sfere rotola nel vuoto.

Non manca: ma ogni incanto è assottigliato
in esile pellicola, non basta
ad avvolgere il grumo del dolore
questo miraggio d’acque, di riflessi.

Un sopore, o sensazioni forti
primarie, erotiche, vulve allargate
come vele, un rivolo di sperma
fra un seno e un ombelico, può sospenderlo.

O una rabbia, un sanguinare. Rivendica
la carne il suo dominio, il cordone
che nutre e tiene in schiavitù il pensiero:
vola in astratti cieli! – finché pulso.

“Ogni incanto”, “miraggio d’acque” – smettila!
Le tue finzioni cessano al cessare
della trachea, del fegato. L’eterno
è silenzioso, umile, nascosto.

Sei partita. Mi osservo decadere.
Qualche cosa, nel tempo, devo fare:
rivederti salire fra i rami degli alberi,
allungare radici in speranze di falde.


Scritta nel 2022.

Serale

17 domenica Apr 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, cose di dentro, scenari

Il rimpianto della tua filigrana
mi fa apparire l’arte grossolana:
la nostalgia di te così fina
– porcellana, fragranza mattutina.

Perché ti sei perseguitata tanto?

Alla finestra ho lasciato che la notte
venisse: come sono fuggitivi
– eterni – i colori del crepuscolo!

Ho nella testa voci stereofoniche
da punti nuovi, scrivendo imbroglio i tasti.
Una bambina tra un orecchio e la nuca
poco fa mi gridava, in sussurri, qualcosa.

Negli occhi ho una culla vuota, un banco
di scuola vuoto, un orto vuoto, un prato
vuoto, vedo il tratto lacerato
in ogni traccia di tempo e di spazio
anche dove non sono mai stato.

Mi butto sul letto. La casa è cambiata
ma il letto è quello dove t’ho abbracciata:
nelle mia braccia ti sei rannicchiata
allora – ora ti cerco ed è impossibile.

Come nessuno ci siamo parlati
e un poco so, un poco so con paura
perché ti sei perseguitata tanto.
“Se sai ma non è tuo, potrai averne cura”
mi dicevi con ultime, nitide, parole.

Non nitide le mie. È grossolana
la mia mente colpita, la tua filigrana
è meglio se la lascio raccontare
all’ingemmata erba, al bosco, al mare.


Scritta nel 2022.

Sottilissima

17 domenica Apr 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, scenari

Ogni alba ti contiene, ogni tramonto.
O tu, sottilissima, ogni alba
contieni, ogni tramonto. Sottilissima.

Tramontano parole e non ne sorgono
a nessun orizzonte. Mi allontano
quando riesco, dal mal dell’intelletto
perché in me un taglio, confuso, ti veda.

È meglio sfarinarmi nel franare
di scisse alture odorose di te
che opporre terrapieni, fondamenta
di palazzi ammirevoli, vuoti.

Le mani aperte, bambina, sei tu
casa e strada, sorella, montagna
e bosco – la tua carne è diventata
ciò che già era: la restituzione
a un cielo della luce a te maltolta:

un’iride sensuale in cui rinviene
– come uno stelo al presagio dell’acqua –
il disegno perduto del crinale.

[Sottilissima. Scusa il mio grosso
cercarti in vita, nel peso del sogno:
nel vizio, ancora, di raffigurare.]


Scritta nel 2022.

Loculo 22

25 venerdì Mar 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte

Il loculo 22, quello accanto al tuo
è libero, ho pensato in un quadretto-delirio
di prenotarlo (si affittano? o come?)
per farmi tumulare accanto a te
ma al quadretto-delirio si oppongono
tre (almeno tre, forse di più e magari
le più importanti mi sfuggono) obiezioni

1) non è detto che tu vorresti, la nostra
è stata una relazione con scontri
e muri solo in parte abbattuti
e i momenti più intimi, più belli
erano sempre nell’ombra di un’ombra
dunque potrebbe essere
uno stalking postumo
roba da farti incazzare di brutto

2) detesto le tumulazioni, i cimiteri
non sono il vero luogo, se si è
dopo la morte, si è, spero, altrove
in luoghi belli, vasti, impensabili
il cimitero è solo un simbolo
così, per chi rimane, per un po’
e comunque meglio la terra o il fuoco
che le casse di zinco moderne
non so chi le ha inventate

3) creerei un bel problema a chi
dovrebbe occuparsi della cosa (i figli?)
il trasporto, le pratiche, i cazzi
e mazzi, in un momento magari
già difficile, boh

Dunque niente. I quadretti… Cristina
quanto ci siamo visti? A volte
mi dicevi che non ti vedevo
e che ognuno si rifugia nel suo mondo
immaginario. Anche altri me lo dicono.
La verità, la realtà, è qualcosa
di accettabile, di sopportabile?

Mi sembra di averti conosciuta
in una sfera profonda emotiva
più che chiunque altra e forse è vero
ma questo non vuol dire che sia molto.
Lo scolaro che prende sempre quattro
la volta che prende cinque e mezzo
si esalta, ma non ha la sufficienza.

Certe notti mi parlavi per ore
e ti ascoltavo attento e innamorato
ma ho imparato? Non solo le parole
ma anche certi fremiti, un tremore
della mano, un sussulto
del capo, ha ogni cosa un alfabeto
che non credo sia innato.

Eravamo entrambi spaventati
dalla vita, dall’essere, ma in modo
diverso. Ce lo siamo spiegato?
In parte… La tua frase che dicevi
spesso, “confessare di esistere
è una condanna a morte”, l’ho capita
o è scivolata a combaciare
con un sentire mio, deviandosi
in quadri miei, già sedimentati?

Ognuno parla solo di sé stesso?
E pure su ciò, con scarsa competenza?
Possono le anime toccarsi
senza usarsi violenza?
Tu forse non lo credevi possibile
– non esiste amare! – ne hai tratto
la conseguenza. Non lo so, non so niente.

Ogni parola che entra demolisce
qualcosa in noi, ci vorrebbero città
interiori robuste, resilienti
non di rigido fragile cristallo
come – forse, forse… – la tua e la mia.

Ci voleva più tempo o sarebbe
stato sempre impossibile. Credo
– questo lo credo – di averti amata.
Lo credo io. E credo che anche tu
per brevi tratti abbia amato me.
Così come si può. Lo credo io
e non è sufficiente, nulla è mai
sufficiente. È un sei meno meno
forse concesso con manica larga.

Se esiste il paradiso, è un luogo dove
gli alfabeti si baciano e i cuori
senza nessun bisogno di difendersi
né di aggredire, capiscono:
esplorano e si lasciano esplorare
fino in fondo, con gioia.
E si trovano belli, come sono.
Sogni, sogni, sogni, sogni!

Perché non ci vediamo al lungodora,
alla panchina della prima notte?
A poter fare qualche passo ancora
nei boschi delicati, pian piano
vedendo meglio i rametti, le gemme
le zolle tonde, i buchi delle talpe
il sottosuolo misterioso, scavarlo
piano – attenta, ti tengo, mi tieni
la mano…

È tutto da impazzire. Non è certo
inscatolando la vecchia carcassa
putrescente nel loculo 22
che ti starei vicino, ma succede
di delirare, per non sgretolarsi
del tutto – ugualmente ci si sgretola
contro l’inconfessabile esistenza
si va via, si va via.


Scritta nel 2022.

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