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Di che reggimento sei, sorella?
Ci siamo incontrati, noi compatrioti
esuli disertori di una guerra non nostra:
esuli prima dell’inizio del tempo
da un paese in cui non ci è stata
insegnata la lingua: così muti, con sguardi
ci riconosciamo, o cercando di trovare
costrutti nella lingua del paese di adozione
che si avvicinino al nostro indicibile:
ai lemmi della nostra lingua orfana.

L’adozione si paga: alla guerra
si è chiamati per una vita senz’anima:
una vita che valga sul campo del mondo.
Esuli disertori ci si incontra, ma è difficile
fidarsi senza le radici: solo
la memoria di foglie, gli odori che si alzano
da una terra su cui non camminammo.

Di che reggimento sei, sorella?
Feriti nel bosco ci siamo abbracciati
e per sentieri impervi sostenuti
anche senza capire, anche senza sapere
se fosse davvero la medesima guerra:
ogni tanto t’illuminavi, sorridevi o ridevi
e questo è valso la pena di vivere.

Poi ti ho perso, tu mia compatriota
nei labirinti di voci, di rumori.
Su una porta un dispaccio militare
ha dato la notizia: sei caduta
crivellata dal plotone che ha eseguito
la sentenza per la tua diserzione.
Con gli occhi aperti, guardandoli in faccia
sei stata tu che hai gridato: fuoco!


Scritta nel 2021.