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Al mercatino domenicale in corso Taranto
un uomo su una carrozzella, spinto da un altro uomo
ha la testa riversa, la bocca non gli si chiude bene
grida: “Gianni, Gianni, chiamatelo, Gianni, chiamatelo!”
incrocio lo sguardo, non è meno che la guerra.
Gianni è mio padre, morto giovane, era medico
provo a dirgli nella mente: “Se puoi fare qualcosa…”

Su una bancarella vendono vecchie foto
prese da chissà quale cassetto o soffitta:
vite un poco ricordate, poi non più:
disperse fra dischi, grattugie, monete
bamboline, libri gialli, paralumi.
Penso che non dovrei, però ne compro quattro
a un euro in tutto, le guardo abusivo.

Un gruppo sfocato con una barca a riva;
due donne sedute, una rivista in mano;
una coppia al mare (dietro, per caso, una ragazza di spalle);
una donna su un declivio, con un cappotto scuro:
quest’ultima ha dietro, disegnata a matita
una donna nuda con le cosce bene aperte:
sarà una fantasia sulla medesima?

Chiamatelo, Gianni. Ma nulla esiste, abbiamo
ciascuno un universo immaginario
crudele, piccolissimo, infinito
volatile ed eterno ed è tutto, al di là
non si può figurare, se si prova a figurare
s’inciampa nella ragione, ragione
che fa la guerra in ogni dimensione:
guerra di mondi personali, incompatibili.

Ma se fosse pensabile non sarebbe salvezza
dalla nostra condanna di pensare:
l’orizzonte del mare del dolore
è al di là del mio sguardo, mi abbandono
a una mite speranza. L’uomo a cui non si chiude
bene la bocca, gli daranno da mangiare
adesso a pranzo? Dove sei, dove siete?


Scritta nel 2022.