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Non so chi pregare e non so nemmeno stare
in raccoglimento. Ho bevuto alla fontana
del cimitero e ho riempito la borraccia:
è acqua dei tuoi monti. Parlare con te
o illudermi di farlo, quando viene viene
in qualsiasi luogo e di sicuro
tu non abiti qui, in questo condominio
di scatole d’ossa sigillate in piombo.

Però ogni tanto ci faccio una visita:
è un sacrario di segni, e se l’urne dei forti
a egregie cose pare possano accendere
il forte animo, alla mia debolezza
concedo un rito di pellegrinaggio
così fra noi, per la lapide semplice
che bella e santa a me fa Casario:
non se lo merita? perché, Firenze sì?
i fiorentini, te li raccomando!

Ma, soprattutto, vengo a questi boschi
e a questa valle, dove la bambina
ancora gioca e ride e qualche volta
più grandicella, io l’ho vista ridere
(un privilegio enorme): ti ricordi
la sera che proprio non siamo riusciti
ad accenderla, quella stufa a legna?

Non so chi pregare, va bene così:
se c’è speranza e spazio, ci sarà
e già c’è: mi confondo in un immenso
che non ha certo bisogno di me.

Però mi manchi, manchi dappertutto:
manca un pezzo a ogni cosa. Dove sei?


Scritta nel 2022.

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