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Il volo savio o folle gira in tondo
sugli imprecisi limiti d’un mondo
che dallo stesso volo è generato.

L’oltre? È un otre immenso senza senso,
un ulteriore utero impregnato
da semi celibi in ovuli nubili:
parto di parti sempre incomponibili,
esploso d’esplosioni irritornabili
e insieme imploso, senza via di fuga.

Questa ferita è il nostro desiderio:
non può desiderare di guarire:
la sognata salvezza è l’omicidio:
ogni dio che s’inventa è l’assassino.

Fammi volare dunque, fammi tu
– altro da me –  volare, che si voli
rimbalzando sui vetri e sugli spigoli:
abbia furore l’intelletto e sia
giudiziosa nocchiera la follia.

Non la speranza è l’ultima a morire:
va un attimo più in là l’attorcigliarsi
dell’addome schiacciato dell’insetto
nel bianco delle sue viscere sparse.

Se mai fosse possibile svelare
non il mistero ma al mistero almeno
un’esistenza, in quella bava molle
di fertile infezione vomitevole
si dovrebbe, disfatti, naufragare.

Fammi volare dunque, perché voglio
svagarmi ancora in qualche sensazione
prima che il cielo sopra me si chiuda:
sappi che t’amo d’un amore eterno.


Scritta nel 2016.