«Sì» disse il pazzo all’amica «hai ragione:
dovrei starci di più, fare esperienza
maggiore nel mondo di fuori, dove vivi
tu, dove vivete voi persone
con le quali in maniera maldestra
mi metto in relazione: stare di più,
dopo finite le buone interazioni
e i discorsi e i contatti, a contemplarli
come sono, a sedimentarli
come sono davvero, per fissarli
bene dentro il ricordo: non fuggire
subito dentro la mia scatola dove
mi distraggo e all’uscita successiva
perdo il filo, dimentico, ripeto
gli stessi errori, tornando a ferire
e ferirmi in recidivi dolori».
«Certo è dura» continuò il pazzo «perché
nel mondo che sta dentro la mia scatola
i prati, gli angoli, la merda, la benzina,
gli androni, i fiori, le brezze, i vagoni
hanno l’odore che eccita i miei
nervi olfattivi, sui muri i rampicanti
e le grondaie e sul cielo i lampioni
fanno un disegno che conforta gli occhi,
le donne sono giovani, stanno
quasi sempre a cosce aperte, sorridono,
spesso pisciano in mezzo alla strada
e un sole radente fa brillare il fiotto,
non esiste frontiera né conflitto,
dalle finestre le musiche e le voci
mi addolciscono ininterrottamente,
giocano bambini senza piangere mai
in cortili di riverberi, di echi
che combaciano, turgidi di senso».
«Fuori no: è solo occasionalmente
(e di solito così velocemente
da non darmi certezza che sia vero)
che un androne ha l’odore che mi eccita
o che è confortevole il disegno
d’un rampicante sotto un cornicione,
piangono bambini disperati
molto spesso, se piscia una ragazza
in un vicolo e la guardo non è detto
che lei ne sia felice, dalle case
promanano litigi, c’è conflitto
e frontiera, e i riverberi e gli echi
discordi stridono, vuoti di senso».
«Ma» disse il pazzo all’amica «hai ragione:
è la realtà e tu ci vivi e per amarti
devo restarci a lungo, limitando
le fughe di riposo nella scatola,
limitandole molto, concentrandomi
con te a creare sensi condivisi
benché arbitrari, dove tu e io
ci doniamo conforto e qualche dose
di comprensione, il poco che è possibile
fra persone diverse, ed è già molto:
ha dentro un qualchecosa di salvezza
e ora mi sembra di desiderarlo».
Così disse il pazzo. L’amica rimase
perplessa, un poco diffidente, aspettando
qualche prova concreta.
Scritta nel 2019.