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(sono seduto in casa davanti alla tastiera e allo schermo
che hanno sostituito la penna e il foglio
fuori il grigio si fa più scuro e penetrante
viene la sera, è già sera)

mi sento accadere dentro quel percorso inesorabile
che accresce la solitudine nel volgere del tempo
non è colpa né di altri né mia
almeno su questo, nessuna fazione

un’inquietudine immobile, in un certo senso quieta
lascia indietro il pregio del silenzio e delle voci
in svariate finzioni per un’arte di vivere
chiusa, in realtà, fra copertine o sipari

apre al ballatoio di una casa abbandonata
dove altre leggende, scritte o tramandate
dicono di feste abbozzate, di corpi
conciliati da aromi, da musiche, vini

ma la sola verità della commedia è l’inserviente
che con aspro rumore ripone le sagome
che formavano, combinate, sotto i fari un salotto
con pareti di libri, o mestoli, o tendine

per non disilludere è meglio scivolare
da una porta di lato, quelle che aprono alla fine
su vicoli stretti, nascosti alla facciata
qui carezzare muri ruvidi, sognare

(forse esco ancora, magari al chiosco un caffè
se è ancora aperto, uno dei ragazzi è via
e gli altri due chiudono prima perché
quando si è in meno, si fa come si può)


Scritta nel 2021.