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Nessun mostro è così aderente da non lasciare
qualche interstizio, qualche piccola bolla
mentre ti schiaccia: e lì abbiamo respirato
quel poco, in brevi giorni o minuti. E lì
ci siamo amati, io credo, anche se
di questo non può esserci certezza.

Ma eravamo formiche rifugiate
negli incavi sotto la suola pesante:
l’assassino preme, muove il piede
finché l’insetto non è sfracellato.

Speravo in un cunicolo di fuga
per labirinti sotterranei fino
a un’emersione per acqua migliore.
Ma sono idilli di poesia, dicevi
tu che meglio sapevi il tuo dolore.

Due giorni prima di andartene hai tolto
dai “social” tutto, lasciando soltanto
una foto d’un cielo d’oppressione
in nera tempesta su rossi papaveri
inermi, docili, non innocenti.

Era invincibile il mostro? Domanda
ormai inutile. Per salvarti l’anima
hai valutato che l’unica strada
era toglierti la vita e l’hai fatto
lucidamente, imponendo rispetto.

E io? Mah, scrivo queste cazzate.
Tocco le cose e mi pare non esistano:
né le cose né il corpo che le tocca.
Come avessi preso qualche stupefacente
scivolo in varie illusorie dimensioni:
mi sveglio, mi perdo, non so, poi verrà
ciò che tu anticipando ti sei scelta:
la morte, la realtà. Ma dove sei?


Scritta nel 2021.