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Carlo Molinaro

~ poesie e altre cose

Carlo Molinaro

Archivi tag: tempo

E tutto era possibile

02 domenica Gen 2022

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

scenari, tempo

Sulla linea per Savona
la prima galleria è poco dopo Mondovì.
Poi, ci sono mutamenti nel paesaggio:
case che hanno ciascuna il suo orto
quadrato, scuro, con teli di plastica
e già un pianto altisonante, impercettibile.

Alla stazione di Ceva
c’è un silenzio inconfessabile:
solo un ronzio, qualche cane
da lontano. Nessuno, nessuno.
La Cevetta è in magra, meno acqua che fango.
Dalle nuvole il sole
trapela faticando.

Sul piazzale
ti sento accompagnarmi, ma so
che è mio sogno e arbitrio. La corriera
è ancora gratis, perché è vietato fare
(causa covid che ancora si allunga)
i biglietti in vettura ma gli autisti
(esseri umani)
non ti lasciano a terra, ti fanno salire:
“tranquillo, va bene così”.

A Priola il cielo s’apre in un azzurro
precario ma reale. Salgo a piedi
verso Casario, lentamente, osservando
qualsiasi cosa con l’avidità
che dà la nostalgia.

Arrivato su, il cielo s’è proprio pulito:
sfavilla il sole dell’una, delle due
e chiaro nella valle il fiume appare.

Il lavatoio dove inizia l’abitato:
me ne avevi parlato. La casa
della tua infanzia. Il silenzio sale
a un parossismo, nemmeno vento né uccelli.
Una fontana, un’altra fontana:
un filo d’acqua urla come un torrente.

Dalla casa alla chiesa del funerale
è sempre la stessa via, sulla costa
dei monti. Il campanile batte
con violenza le due, le ripete
dopo qualche minuto
per conferma, perché tutti sappiano.

Sulla via del cimitero
finalmente incontro un vecchio:
lo saluto prima io, stranamente, esclamando:
buongiorno!
e lui: buongiorno – ricade
immediato il silenzio, benefico.

Vado al cimitero per dare al viaggio
un punto di arrivo, ma
è più per i tuoi boschi, i tuoi luoghi
e le tue strade. Il cimitero in sé
non mi piace, e ho sempre da ridire:
quella targa che hanno appiccicato al marmo
non è bella, dovevano scrivere con lettere
di metallo direttamente sul marmo,
anche la frase non mi piace,
e poi quei due cuori e le due rondinelle
cosa significano? coppia? idillio? e quando mai?
è stato un casino ogni tua relazione
– ma sono solo un vecchio brontolone
persino sulle lapidi ed epigrafi.

Passando per la chiesa ho visto in bacheca
che ti hanno dedicato in suffragio
la messa della notte di Natale:
a te sola! è un privilegio raro
– rispetto queste cose, non ci credo
ma le rispetto, è buono, è un ricordo
e a loro modo è un dono per te.
Ci fosse stato più suffragio prima…
Ma era difficile, forse impossibile.

Penso al paese, a te ragazzina, mi aggrappo
alle mie solite fantasie: nei paesi
a volte c’è qualcuno, un tipo pensieroso
che vede più vicino e più lontano,
vede più dentro ma anche più fuori
e può agganciare uno sguardo, e con mosse
leggere, impercettibili, salvare
il diverso, lo strano, il delicato.
C’è a volte. Fantasie. Fantasie
ormai vanissime. Tu sei volata via.

Scendo verso Priola, cammino
lentamente, in tempo per la corriera
del ritorno, scende presto la notte
in pieno inverno. Tracce di neve
al camposanto, De Andrè, le fontane.
Nel silenzio le fontane suonano forte:
sono la vita e sono il suo finire.

Col nuovo anno non potrò più nemmeno
prendere treni e corriere. Pazienza.
Tu sei in un posto per il quale non esiste
collegamento: anche se certo ci verrò
ti troverò? Vorrei crederlo ma
la scienza infame m’inquina, la ragione
idiota – ora la scaccio, ritorno all’infanzia
mia e dell’umanità, quando le folgori
le scagliava il signor Zeus
e tutto era possibile.


Scritta nel 2021.

Fili di spazio e tempo

14 giovedì Ott 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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scenari, tempo

Mentre un colombo camminava accanto ai piedi del bambino
sull’asfalto irregolare rugoso come un tronco del marciapiede
e il sole s’era appena spento dietro le cupole degli alberi
e sul marciapiede c’erano rametti spezzati e foglie accartocciate
e appoggiato su una panchina il bambino scortecciava con le unghie
un rametto raccolto a terra, meticolosamente, e lo osservavo
nell’attento lavoro, ho visto per un attimo i fili di spazio e di tempo
solitamente invisibili che tutto percorrono avviluppandoci:
assomigliavano ai fasci dei muscoli in certe illustrazioni anatomiche
o a lunghi capelli galleggianti su onde o a intrecci di ferro sottili
o a lunghe ragnatele fluttuanti o alle nasse in cui i pescatori
catturano per ucciderli pesci lucidi guizzanti o a tratteggi a matita
per simulare chiaroscuri in disegni su banchi di scuola, assomigliavano
a vasi capillari d’interscambio di qualcosa, non so dirlo preciso:
di certo ci tenevano e prendevano e sostenevano e imprigionavano
mentre il bambino finiva di ripulire il rametto dalle scorie
trasformandolo in un bastoncino nitido e io seduto osservavo:
poi passato l’attimo non li ho più visti perché sono invisibili
i fili di spazio e tempo, è stato un errore di un sistema o degli occhi,
il bambino era stanco, avevamo camminato molto a lungo
dalla scuola materna per il fiume verso il parco, cominciava
a ciondolare, a fare ostruzionismo e volere la mamma, perciò
ci siamo incamminati verso casa, ho sentito ancora un poco
sul viso i fili, come quelli dei ragni che volano in certe stagioni.


Scritta nel 2021.

Le due Mini

08 mercoledì Set 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari, tempo

Quando annotavi le due Mini uguali
e le suorine, per le strade in collina
erano forse tempi più leggeri
o è stato tutto sempre, in fondo, uguale?

Certe cose che bastavano, non bastano.
È un maturare, o è che la vita
chiede una dose crescente di droghe
per sopportarla, man mano che s’invecchia?

È un positivo evolversi, un conoscere
o uno stordirsi con sogni più astuti
per sostenere la consapevolezza
via via più forte del nulla che è in tutto?

Domande, domande… Ma sono, come allora
contento se ti vedo, se ci sei
e se sorridi o ridi. L’umore del mondo
è, come il nostro, un sottile mistero.


Scritta nel 2021.

Guardo un po’

31 giovedì Dic 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, tempo

guardo un po’ il sole che sbuca
con forza e con fatica
dalle nuvole che s’aprono

guardo un po’ sullo schermo una modella
che s’apre con le dita una grotta
larga e scura fra i labbri della fica

guardo un po’ il fico che ha perso le foglie
nell’inverno sul nuovo balcone
e l’edera non si decide a crescere

guardo un po’ una matita e due forbici
infilate in un mattone forato
rosolato dal mare che ho reso portapenne

guardo un po’ le mie gambe
aperte sulla sedia
e il pavimento sotto

guardo un po’ il fumo che esce da un comignolo
di metallo lucente su un tetto di fronte
e si disperde dentro il paesaggio

avrei voluto disperdermi anch’io
in tutti questi varchi
m’è mancato il coraggio

solo ho guardato un po’


Scritta nel 2020.

La sedia

25 mercoledì Dic 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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scenari, tempo

S’è sfasciata di colpo la sedia
a cui volevi rifare il sedile
con una sagoma di legno buono.
Poi non hai abitato più qui:
ho commesso miriadi d’errori
e rifare il sedile sarebbe
stato vano: han ceduto, tarlate,
le gambe dietro. Che botta
mi son preso sul culo. Speriamo
che ora tu abbia delle sedie migliori.
Pure, un Natale fa, accudivi
quasi fosse la nostra questa casa.


Scritta nel 2019.

Sgomento

24 martedì Set 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari, tempo

Se dico che il crepuscolo che smuore dietro il tetto della casa di fronte
mi dà sgomento, è perché mi dà sgomento. Mi sono imposto di finire le arachidi
ma poi ne ho lasciate sei o sette. Prima, l’insalata, tranquillo – con due uova.
Prima ancora, ho steso il bucato, tranquillo. Il bucato: in realtà, un lenzuolo
su cui dormivo sparso e scoperto da un mese. Viene l’autunno e conviene
fare il letto in un modo più corretto. Oltre alle arachidi, ho delle pesche sciroppate
che all’In’s ero incerto, le palleggiavo in mano e una vecchia «sono buone»
mi ha detto tutta curva, allora le ho prese, ho cenato tranquillo ma poi
dalla finestra della cucina l’ho visto proprio, l’ho visto smorire il lucore
del cielo dietro il tetto della casa: per un minuto quasi nero, poi nero finito.
Stavo mangiando le arachidi, mi ha dato sgomento, ho sentito in un tremore
cedere strutture del corpo, della mente. Come dire? Sgomento, si capisce
cosa intendo? Le parole, ognuno a suo modo, ricordo qualche «sono sgomento»
per criticare opinioni contrarie alle proprie: sgomento in malafede, assassini
di parole, fottetevi. Ma questo non c’entra. Mi sono imposto di finire le arachidi
ma ne ho lasciate sei o sette, sono venuto di qua in studio e mi sono stupito
di dover accendere la luce: due ore fa c’era il sole! Com’è possibile questo?
Mi dà sgomento. Passerà. Passerà e tornerò di là in cucina, aprirò il barattolo
delle pesche sciroppate, mi pare siano ottocento grammi, io me le sbafo, tutte.


Scritta nel 2019.

Notte a Vercelli

22 mercoledì Mag 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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scenari, tempo

Da molto non dormivo nella casa natale.
Isolata, ha rumori che non identifico
e m’inquietano: sono abituato ai litigi
talvolta furibondi dei vicini, al camion
dei rifiuti che passa all’una di notte
puntuale, a motori nella strada e musiche
arabe o romene, commerciali,
dalle mansarde intorno, talvolta
sirene d’ambulanze, di pompieri
o della polizia, e i passi per le scale.
Qui invece c’è un vuoto ronzante
di scricchiolii, talvolta un rigurgito
in un tubo, e fragori lontani
di lavori, o di scontri, non lo so.
C’è sospensione come d’ospedale
o scuola, che un medico o un maestro
passa, non passa, lo attendi, lo temi:
non saprei dire. In giardino uccelli
cantano, ma tutto è un soprassalto:
sto vigile, non ho idea per che cosa.
Lo spreco del tempo, che avviene
forse dappertutto, è più protervo qui,
è più indiscusso, come un militare
arrogante sbadiglia un potere
molle, mortale. È partito il frigorifero,
credo, non sono sicuro. Si sta
come bambini non lavata la faccia,
in un travaso di sonno nel giorno
che preme doveri. Sì può avere paura
di rompere un bicchiere o non trovare
un interruttore e sentire, ci sia
o non ci sia, un ghigno compiaciuto
per l’errore o l’inadeguatezza.
In una finta silenziosa perfezione
indesiderabile, invasiva
ogni respiro è colpa e malattia
e della gioia non c’è da fidarsi:
qualcuno ha predisposto molte trappole
con polpette all’amore che fanno scattare
la tagliola. “Stiamo nei primi mali”
è il motto della gente di qua.
Incombono nell’ora rallentata
cose urgentissime, ansiose
che ci si guarderà bene dal fare.
Poi sì, c’è un vento lieve che muove
le foglie della pergola, una luce
bionda s’infila, agirò in qualche modo.
Forse va tutto bene, sono io
che, come sempre, non riesco a capire.


Scritta nel 2019.

Equinozio 2019

22 venerdì Mar 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, tempo

Dunque stasera alle undici meno due
arriva primavera. Lo dicono gli astronomi.
Terrò la porta socchiusa
per farla entrare, d’altronde lei non bussa
entra sicura per ogni fessura
e trovo strano che adesso abbia dato
un talmente preciso appuntamento:
le undici meno due, mah.

Ricordo di averla sentita arrivare
in momenti qualsiasi, da zolle di terra
o finestre sbattute o gambe di ragazze
dischiuse come occhi, da budini
appoggiati su tavoli fioriti.
Le undici meno due, stasera, non so.
Mi fido poco degli orari esatti:
temo sempre il bidone, la disillusione.

Ma grosso modo è marzo, si risveglia
del verde fresco dentro la stagione.
Sono indizi. Come quando una donna
forse ti sorride, forse no, ha gesti
che non è agevole interpretare.
Il fico sul terrazzo ha messo gemme,
è rispuntato il giacinto in un vaso
dove neanche sapevo ci fosse.


Scritta nel 2019.

Fotine serali

19 venerdì Ott 2018

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, scenari, tempo

Qualche sera tu prima di dormire
mi mandi con Whatsapp alcune foto
di te nel letto o intorno al letto. Ieri
volevo ricambiare, mi sono scattato
una foto, poi un’altra, in luce spietata
e ho visto qualcosa di terribile, un vecchio
con le pieghe sul collo, il viso sfatto.

Allora ho spento la lampada più forte,
quella appesa al soffitto, e t’ho mandato
quasi soltanto un’ombra. Oh, mi vedo
ogni mattino in bagno a lavarmi la faccia
e farmi la barba, non è che non so
come sono. Ma il contrasto, mio Dio,
con te che sei così tanto più giovane
di me e per peggiorare le cose
sembri ancora più giovane, sembri
una bambina e sei bellissima e
m’innamori e parliamo ore e ore
e camminiamo ore e ore, stanno bene
le nostre anime insieme, i corpi
mica tanto, mica tanto, ma come
non volerti abbracciare, baciare
e tutto? Mi coglie un po’ di sorpresa
questo deteriorarsi dell’involucro
esterno in cui resta chiuso il ragazzo
che da ragazzo ti guarda ragazza.

Insomma, non esiste soluzione
per me, tu sei bellissima, è meglio
parlare di te, convincere te
di ciò che è vero: che tu sei bellissima,
hai mondi che ti brillano negli occhi
con città dove sì, fuori dal tempo
troviamo posti visitati insieme
prima che tutto fosse ciò che è:
condividiamo ricordi di viaggio
in pianure di demoni mansueti
e sorridi talvolta, prendi forza
per il bel viaggio che è ancora da fare.


Scritta nel 2018.

Decennale

24 venerdì Nov 2017

Posted by carlomolinaro in altre cose

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bellezza, tempo

Giuro che non avevo fatto caso alla data, la data in cui furono scattate le fotografie: è scritta in piccolo in verticale. Il calendario è del 2008, logico che sia stato realizzato verso la fine del 2007. Ma non avevo presente la data precisa in cui furono scattate le foto. Eppure stamattina, 24 novembre 2017, mi è venuto in mente quel calendario, e sono andato a riprenderlo dal cassetto in cui l’avevo riposto. Mi è venuto in mente così, a un tratto, non so perché. L’ho sfogliato, l’ho guardato di nuovo bene. E stavolta l’ho vista, la data delle foto: 24 novembre 2007. Esattamente dieci anni fa. Dieci anni fa oggi. Incredibile, no?

Allora ho preso il calendario, l’ho appeso al muro in camera, al posto del calendario di quest’anno. L’ho appeso sulla pagina di luglio, viva l’estate. Ci ho infilato dietro una riproduzione di un quadro di Miró che ho comprato due settimane fa al suo museo a Barcelona, e basta, le cose intorno le ho lasciate stare. E ho scattato una piccola foto Instagram con il telefono. Ecco, ho compiuto questo minimo rito per un decennale che mi ha colto di sorpresa, una data che mi ha cercato lei, senza che io sapessi.

Dieci anni fa oggi, tu eri al Caffè Fiorio, lo storico locale di via Po, a posare, ora nuda ora vestita, per un gruppo di fotografi: uno stage di una scuola di fotografia. Eri nuda, bellissima, in via Po. Io non ti conoscevo ancora, ti avrei conosciuta dieci mesi dopo, il 25 settembre 2008.

Non era la prima volta che posavi nuda per un gruppo. Di una volta mi hai raccontato tu, divertita: “Mi hanno dato quattrocento euro per passare la giornata nuda su una spiaggia con dieci arrapati a fotografarmi”. E quell’altra volta, nuda a camminare per una via del Raval! “En el Raval, fue muy curioso porque hubo de todo, abuelas que te gritan «guarra», los paletas flipando, los niños…” raccontavi. Posare era uno dei tuoi lavori, sei una bravissima modella, vestita o nuda o in qualsiasi modo, ma posavi più spesso nuda perché è la cosa più richiesta, soprattutto dai “fotoamatori” paganti. Fotoamatori, dilettanti, ma con te dentro anche la foto scattata dall’ultimo degli incapaci non può non essere meravigliosa.

Per me no, non hai mai voluto posare. “Con te non me la sento”, dicevi. E poi non ti sei più sentita nemmeno di parlarmi, di vedermi. Ho provato (con scarsa convinzione, lo ammetto) a dimenticarti. Ma tu mi chiami da dentro un cassetto per un decennale che io nemmeno so. Avremmo magie da giocare, ma tu non vuoi. Forse hai ragione tu: le magie sono incantevoli, entusiasmanti, ma possono essere anche pericolose.

Vivi felice più che puoi. Io però, nel mio incomprensibile modo, ti amo tutta, tutta la tu che tu sei.


evamur2

Il quadro astratto in alto è della pittrice Luisa Rinaldi. Il quadro figurativo in basso a destra, raffigurante il campanile di Santa Zita visto dal mio terrazzo, è della pittrice Graziella Vercellotti Molinaro. La riproduzione infilata dietro il calendario è “L’ala de l’alosa aureolada pel blau d’or arriba al cor de la rosella abaltida damunt la plana ornada de diamants” di Joan Miró. Nel calendario, realizzato a Torino al Caffè Fiorio in una sessione collettiva dell’Accademia Torinese di Fotografia, la fotografa Silvia Mosso ritrae la modella Eva Escañuela Sánchez.

Variante del pazzo su Catullo

31 lunedì Lug 2017

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

amore, bellezza, tempo

( disse il pazzo: )

T’amo e t’odio. T’amo perché sei tu,
meravigliosamente tu. T’odio
perché non sei una fragrante ventenne
appena sbocciata a primavera
e dunque distorci l’immagine
in doloranti contraddizioni.

M’amo e m’odio. M’amo perché son io,
presuntuoso ed egocentrico. M’odio
per il ventre gonfio, il petto floscio,
il disagile barcollare
con cui distorco l’immagine
in doloranti contraddizioni.

La bestemmia della vecchiaia
non la so accettare
– e con essa non accetto
il mondo, gli dei eventuali,
la realtà, le cose.

(La luna e la vita non sono mai piene:
terminato di crescere, declinano.
La luna ogni mese rifà il giro,
la vita no.)

Bene. Detto questo, viviamo.
Respiriamo l’odore che mandano gli spigoli,
l’apparizione d’un colore all’angolo,
il tepore che sa restituire
la notte in piena estate.

( :disse il pazzo )


Scritta nel 2017.

Amore mio

06 sabato Mag 2017

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore vissuto, riflessioni, tempo

Che stanchezza, amore mio, in questa dolce
sera di maggio, tu sei nella tua casa e io
guardo fermarsi il treno, a Vercelli, ci salgo.
Quanta gente sul treno, quanti treni
e quanto tempo, amore mio, che bravura
per dirlo buono, il tempo, per cogliere
queste altre rose, questo ennesimo crepuscolo
che lentamente scompare sui denti dei monti
alla mia destra, mentre il treno corre.
È per te che vorrei sentire buona
questa stanchezza, serbarci una voglia
d’abbraccio inerme. C’è l’ultima luce
sulle risaie, nel tempo che lo scrivo
non c’è già più. Ho faticato a conservare
bellezza in vasi che ho poi rovesciato
dalle finestre, pensando che fosse
mia missione, servizio generoso,
mia redenzione. Amore, che stanchezza:
la gente sale e scende, cerca posto
per sé e le valigie. Io senza bagagli
mi rannicchio vicino al finestrino,
vorrei darti le cose che non ho.


Scritta nel 2017.

Vorrei

03 giovedì Nov 2016

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, tempo

Non il tuo braccio vorrei trattenere
con la mia mano, ma altri bracci
che ti premono, ti spingono, t’assediano:
il braccio del tempo, l’insidioso tocco
della malinconia, le dita della sera
vorrei trattenere: e al tempo, alla sera
alla malinconia sussurrare
severo all’orecchio: «Lasciatela stare,
è così bella, lasciatela stare».

Vorrei scriverti versi in greco antico
o in altre lingue ancora più remote
perché nessuno capisca, perché
dall’usura del senso resti indenne
un suono indecifrabile, leggero.


Scritta nel 2016.

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