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Carlo Molinaro

~ poesie e altre cose

Carlo Molinaro

Archivi tag: scenari

Poesie non scritte

23 martedì Giu 2020

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cose di dentro, scenari

In questi giorni
non ho scritto alcune poesie.
L’ansia che avevo decenni fa
«affèrrala, affèrrala, prima che svanisca»
s’è rovesciata: svuoto gli occhi, lascio
evaporare immagini, parole.

La vicinanza d’un nucleo
di verità incandescente, la chiara
intuizione. Il calore. Ma presbite
l’intelletto avvicinandosi
confonde, sfoca, ed ecco
percepisco i mezzucci
della mia fantasia, le pezze
dell’immaginazione.

Giro le lenti del linguaggio come
l’oculista alla visita: meglio
così? o così? o così?
No, le righe piccole
rimangono illeggibili.

Ieri a Vercelli in giardino le rose
e le ortensie, la brezza
tiepida, sotto la magnolia
l’ombra e intorno, abbacinante, il sole.
Buona scenografia, potrei cavarne
anche similitudini, metafore.
Cazzo, che noia.

Una finestra oltre la via muovendosi
incrina una porzione
di spazio, inghiotte
il suo tempo, il mio tempo.

Si possono scrivere versi scherzosi
uscendo da un macello:
non è che non si possa – non è
una cattiva azione. Si può
indossare il naso rosso, giocare
con i bambini al reparto oncologico:
è un’azione lodevole.

Ma tutto ciò che riesco a dire è finto:
lo è per me. Sono stato bravissimo
nell’inventare mondi
liberi dal reale: proprio questa
bravura (ho talento) mi condanna:
puoi convincere il semplice
che sotto il riflettore non c’è trucco:
ma convincere il mago!

Scriverò ancora poesie d’amore,
il vizio non si perde. C’è un margine
intontito, dove a tratti impreviste
voci d’infanzia rivelano
soltanto per un attimo il luogo
del contatto, il luogo
dove in silenzio, felici, cadere.


Scritta nel 2020.

Dentro e fuori la testa

28 giovedì Mag 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari

Che poi starsene dentro la testa
non è nemmeno un sicuro rifugio:
mangiavo poco fa insalatina e pomodoro,
per dessert qualche biscotto imburrato:
sera dolce, chiara e tiepida: è passato
per la testa, giustappunto, un pensiero
antico, senza alcuna pertinenza:
m’ha turbato, tutto quanto ha disturbato.

A distorcere il corso d’una sera
pacata e dolce può essere a volte
un fatto esterno, sì, ma spesso è anche
un fatto nella testa, un nessun fatto.

Mai si ferma la corrente marina
di colpe o gioie o tenerezze andate
tanti anni fa o ieri, o domani sperate
o temute, o in nessun tempo immaginate:
scorre variando le scie in superficie:
cambia la luce, poi cambia di nuovo.

L’oceano al cui mutare si è indifesi
si muove dentro e fuori:
non esiste riparo.


Scritta nel 2020.

Chomsky e Saussure

29 mercoledì Apr 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari

Non essere immortali è il peccato originale:
lo formulammo quando ci rendemmo conto
della cosa: occorreva una colpa inevitabile
all’abisso inevitabile, che irreversibilmente
ci si era conosciuto, percepito. Peraltro
come né il significato né il significante
sono la cosa (si veda in Saussure) così
né il peccato né il peccante sono la cosa:
che intatta e indetta sguizza fra gli asintoti
dei nostri veli macabri o eleganti.

Però appunto: sono caduto in tentazione
di scrivere questo, che non vuol dire nulla.
L’odore del mio ventre alle mie nari
richiama l’estro animale, primario
degli odori mancanti, la grammatica
generativa (si veda in Chomsky) non genera
coiti a corpi dove un rewind violento
strappi la stringa, la vita trionfi
in schiuma sperma bava secrezione:
lo spàppolo d’un seme non descritto.


Scritta nel 2020.

I fidanzati

29 mercoledì Apr 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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scenari

I fidanzati non sono congiunti
– dice il bieco satrapo – eppure chi
più di loro si congiunge? Ragazze
e ragazzi, non perdetevi d’animo,
sfruttate tutti gli spazi possibili
(era uno slogan del mio Sessantotto):
l’attività motoria, almeno chi
abita nel medesimo comune
è consentita lontano da casa:
datevi appuntamento a camminare
a un metro di distanza, ma con passo
poco sportivo, se no i metri diventano
due: motoria uno sportiva due
dice il delirio del di pi ci emme.

Trovarsi almeno a un metro di distanza
è già meglio che niente. Date un tocco
se volete, d’evocazione storica:
io vecchio feci in tempo a vedere
ad Altamura (non ci crederete)
una ragazza che i suoi carcerieri
(i genitori) liberavano solo
per andare a prender l’acqua alla fontana
(lo giuro: ho due altri testimoni)
e il suo moroso da dietro un muretto
dieci minuti poteva parlarle:
fate il gioco di stare ad Altamura
qualche decennio fa – però un bel gioco
dura poco – se non la smetteranno
presto, i satrapi, sia rivoluzione.

Se poi vi scappa un bacio e un delatore
vi coglie, o un poliziotto, voi provate
a dirgli, con Prévert, che les enfants
qui s’aiment ne sont là pour personne.
Non vi crederà e vi multerà
(è gente che non vede le cose davvero)
e un giorno narrerete ai nipotini
la multa per un bacio. Pure questo
non è nuovo: al tempo dei trisavoli
passava la ronda al segnal – lo canta
una canzone – del rigido caporal:
«ecco una coppia che intesse un idillio
e in pose d’un certo ardimento:
no, tollerate o permesse
non son queste cose dal regolamento».
Ora passa di nuovo la ronda:
con la scusa di questa influenza
un po’ più grave, semina il terrore.

I fidanzati non sono congiunti
ma si congiungeranno, l’amore
rovescerà la babele d’una scienza
serva e proterva, i virologi narcisi,
i governanti che accusano voi
per coprire le loro malefatte.

Sfruttate tutti gli spazi possibili
oggi; domani faremo pulizia
(spero) delle menzogne, getteremo
sabbia negli ingranaggi della macchina
che produce nel nome del denaro
guerra fame deserto e malattia.

Presto, però, perché c’è poco tempo
e dilaga il veleno sul pianeta.
Baciatevi, esultate, ribellatevi:
congiunti forte, non fateli passare.


Scritta nel 2020.

Questo

21 martedì Apr 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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scenari

[Uno stilita coreano è su un palo
dal giugno del duemiladiciannove:
protesta contro un’azienda assassina:
lo lasciano stare, è pubblicità.]

Giunse in città, le strade deserte
lo sorpresero, domandò a una donna:
«Ma dove sono tutti?»

Tenendosi a distanza, sospettosa
gli rispose la donna: «Non lo sai?
C’è Questo che si aggira dappertutto
e ne abbiamo paura. È invisibile,
può annidarsi in ciascuno, c’è chi dice
che già s’annidi in tutti, ed è spietato:
ne moriamo, ci uccide».

«Ed è per Questo che tutti stanno in casa?»
«Sì, nella casa ti senti protetto,
si è più sicuri, così ci hanno detto:
io sono uscita solo per il cibo
da comprare al negozio».

«Ma il rombo che si sente oltre le case
cos’è?» «Sono le fabbriche, le fabbriche
non possono fermarsi, c’è bisogno
che le cose si facciano, gli eroici
operai stanno ogni giorno alle macchine».

«Perché la scuola è chiusa?» «Riunire
dentro le aule i ragazzi, i bambini
sarebbe un’esca per Questo, potrebbe
insinuarsi e dilagare, entrare
attraverso i bambini nelle case.
Tutto quello che serve sapere
lo dicono gli schermi dei computer:
non servono maestri o professori».

«Sono deserti i giardini, i lungofiume,
vuoti i sentieri che vanno in collina:
nessuno più si ferma a contemplare
la stagione che sboccia?» «C’è pericolo
a stare fuori, a contemplare i fiumi:
Questo è in agguato da chiunque incontri
in ogni luogo o tempo. Nella casa
si è più protetti, l’hanno detto, e se vuoi
ci sono fiumi da guardare in video
sugli schermi dei nostri computer».

«E nessuno si bacia, nessuno
s’innamora incrociando lo sguardo,
nessun corpo fremendo s’intreccia
ad altri corpi per l’estasi antica
che dà vita alla vita?» «Te l’ho detto:
c’è Questo che si annida dappertutto:
unire corpo a corpo non è ammesso:
Questo approfitterebbe, prenderebbe
l’un corpo e l’altro».

Guardò di nuovo le strade deserte,
esangue la città sotto un bel cielo
che nessuno vedeva. «Dunque»
disse alla donna «voi restate in casa
pallidi e tristi perché temete Questo.
Ma cosa è Questo? Perché tu lo chiami
con un neutro pronome
che non dimostra nulla? Non ha un nome?»

La donna fece un passo, solo uno
abbassando la voce: «Questo ha un nome
ma dal tempo dei tempi più nessuno
lo pronuncia: è di cattivo gusto
pronunciarlo, toglie reputazione
al pronunciante, gli dà cattiva luce».

«Ma tu lo sai quel nome?» «Io lo so
però non lo pronuncio». «Ma per me
che sono forestiero, non potresti
fare eccezione, rivelarmi il nome?»

La donna fece ancora un passo, alzando
davanti al volto un bavaglio di garza
e sussurrò: «Va bene, forestiero,
io ti dirò quel nome, però poi
allontànati, cerca un luogo chiuso
e sicuro, siamo stati già troppo
qui all’aperto a parlare, è vietato».

Il forestiero percepì l’immensa
paurosa tristezza che regnava
sulla città, rispose: «Va bene,
mi allontanerò, dimmi quel nome».

«Questo si chiama Morte. Ora vai via».
Fuggì la donna. Avrebbe voluto
lui dirle: «Dunque voi state qui morti
per tema della Morte, anticipandola»
ma nella via non c’era più nessuno.

Il forestiero non volle camminare
su fantasmi di strade fra le case
mute e serrate. Volse i passi indietro
verso paesaggi sconosciuti, verso
rischiose valli palpitanti, fragili
di morte e vita, da cui proveniva
senza sapere come. Sul confine
si tolse dalle scarpe un po’ di polvere.

[Uno stilita coreano è su un palo
dal giugno del duemiladiciannove:
protesta contro un’azienda assassina:
lo lasciano stare, è pubblicità.]


Scritta nel 2020.

Realismo

03 venerdì Apr 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari

Forse nulla è accaduto davvero
tranne ciò di cui c’è scalfittura
su un oggetto, o c’è parola che
per bocca di qualcuno mi ritorna,
o cicatrice che sotto le dita
sul mio corpo la sento, però
in questo caso non è proprio certo
che io sappia cos’è. Forse nulla
è accaduto davvero tranne ciò
che mi racconti tu quando ti credo.


Scritta nel 2020.

Un odore dorato

28 sabato Mar 2020

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adolescenza, scenari

C’è un odore dorato che si spande
quando c’è il sole e una finestra è aperta:
lo prende anche la mia pelle, io
benché in un’altra stanza: è come uscisse
da sotto la camicia, da un abbraccio
che di certo ci fu, senza ricordo:
sigarette di adulti dietro un muro,
sugo d’erba schiacciata fra le dita
nella furtiva infanzia, già colpevole
di cose imprecisate, ma beate.


Scritta nel 2020.

17 sera

27 venerdì Mar 2020

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cose di dentro, scenari

Scende la sera, diciassette marzo,
con la mestizia. E dire che è arrivata
oggi una lettera a penna da un’amica
e sono uscito, un poco, in bicicletta
e c’era il sole caldo, primavera.

Non è soltanto quest’isolamento
nel morbo che dilaga: è che mi sento
distante io: chi chiamo, non risponde
e chi vorrei non c’è, comprese forse
certe parti di me. Non so perché.

Mi devo abituare a qualcos’altro,
pur così vecchio? A nuove relazioni,
a un me che non conosco e mi spaventa?
A nuovi adattamenti senza scelta?
Può darsi. Ora nel cuore ho la stanchezza.


Scritta nel 2020.

I due mestieri

27 venerdì Mar 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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bellezza, scenari

a una brava modella e brava puttana
amabile, amata

Amo le foto più troiose, questa
che contemplo ora, tutta nuda ma
molto truccata, non il nudo naturista
d’altre tue foto, nuda appena spogliata,
si vede ancora il segno dell’elastico
delle mutande: facciamo due scatti
svelti, posa niente studiata, che mostra
i fianchi (divinamente) sgraziati,
due o tre scatti per ricordo, ma subito
affrettiamoci al giaciglio, è per questo
che t’ho ingaggiata – un quarto d’ora
dopo le foto la tua bocca abbocca
al glande del cliente, abbastanza
di riguardo ma non primo nel giorno:
la tua vulva già sente di condom
ma a lui non gliene importa, eccitato
da tutti insieme i tuoi odori e umori
gode il morbido reciproco leccare
ogni piega del corpo, s’immerge
nel tuo seno, nel grembo, al momento
opportuno tu prendi un nuovo condom
e sul pene lo srotoli, allora
lui su te monta e te lo infila dentro
l’ampia lustra fessura e dopo qualche
colpo lo preme sull’ano cedevole
e facile vi penetra, restandovi
con altri forti colpi fin che può
mentre sinuosa tu ti muovi e mugoli:
ne esce infine, e dal preservativo
si libera e al tuo viso accosta i glutei
e tu l’ano e lo scroto con la lingua
percorri e chiudi il cerchio riabboccando
finché il piacere esplode e un lungo spruzzo
di perlaceo sperma ti ricama
la faccia, dagli zigomi ai capelli.

Su un tavolino preventivamente
ha messo sei biglietti da cinquanta
ed è contento e sei contenta tu
del buon guadagno per il buon lavoro
nemmeno dispiacevole: sorridi.


Scritta nel 2020.

C’è qualcosa che non c’è

27 venerdì Mar 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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relazioni, scenari

Stanchezza. Non è l’epidemia
per drammatica che sia.
Certo gioverebbe far l’amore
con alcune mie amate
ma quelle ormai sono cose passate.

C’è qualcosa che non c’è.

Ho creduto aver preso colore
invece era soltanto colorante
per scoprire al microscopio
me stesso trasparente:
invisibile, forse inesistente.

Due chiacchiere? Magari
un amico, ci fosse, però
ho le parole a nausea: meglio
qualcosa guardare, ascoltare
canzoni, ancor meglio silenzi.

C’è qualcosa che non c’è.

Il miraggio di neve disciolto
non ha dato alla luce colline
pronte al fiore ma un vuoto
nero deserto: perché le colline
erano tutte, esse stesse, di neve.

Un giro per i bar
a viver vite altrui?
Non è ammesso, per via
di questa epidemia
– ma nemmeno ne ho voglia.

C’è qualcosa che non c’è.

Mi scagliassi con furia o passione
sul tuo corpo animale, nell’urto
sentirei sulla pelle la sistole
d’un condiviso cuore? Lo saprei
distinguere dal battito del sogno?


Scritta nel 2020.

La voce

28 martedì Gen 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, relazioni, scenari

Ascolto la mia voce che ti parla.
Mi è fastidiosa. Vorrei essere altro
nel tuo campo visivo, una pianta
sul tavolo in un vaso o arditamente
un asciugamano sul tuo viso.

Invece c’è quest’uomo che nemmeno
a me piace, buffone petulante,
fastidioso anche a te sicuramente.
Sono io, dice il dato di fatto:
eppure non lo credo veramente.


Scritta nel 2020.

Osservando un balcone

13 lunedì Gen 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari

Appese alla ringhiera
una maglia rossa, una maglia nera.
Il sole. Non è ancora il tramonto.
Oltre la portafinestra, una stanza:
se ne vedono oggetti.

C’è chi si consola fumando la pipa
in una casa fra i campi. Le rive
con gli alberi. I vicini
di cui non fidarsi. Ciascuno
ha il suo orto. Una bottiglia, un cane.

C’è chi si consola vagando
fra case di sobborgo. Le rotaie,
i bar poco illuminati. L’erba
nelle crepe. I passanti, le ombre
indistinte. Le voci da un androne.

Ma per ognuno in ogni luogo brucia
il giorno: al secco fumo rosseggiante
è mescolato un umido di cenere.
Più bellezza raccogli più ne perdi:
così ti beffa la felicità.

Eppure mite, indomata una donna
toglie dalla ringhiera
la maglia rossa, la nera, si ritira
in un riparo di sedie e pensieri
semplici, misteriosi.


Scritta nel 2020.

L’incavo

07 martedì Gen 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, cose di dentro, scenari

L’incavo d’un petalo di rosa
non ho un modo normale di vederlo:
né l’incavo del tuo orecchio
né altro. Non ho un modo normale,
un modo buono: che tu dici: è buono.

Guardare, contemplare
rispettosamente attendendo
la sfioritura, il corso di natura.

O mordere! Brucare il fiore
perché muoia subito, diventi
un sapore nei denti, un ricordo
ancorato nel corpo, nella mente
a morire con me.

Abbiamo addosso bellezze formidabili
e orrori orripilanti. Tutto questo
sta prima, non ha nulla da spartire
con le umane relazioni, tardive
sovrapposizioni, divine
costruzioni di spirito, di verbo.

L’incavo d’un petalo di rosa
sfiorarlo, un compromesso. Annusarlo.
Toccarlo. Ma se è ala di farfalla
già è danno. Astenersi. Il tuo orecchio
baciarlo: è la maniera
che abbiamo escogitato.

Tutto è sempre incompleto:
riempire il vuoto è un impulso di morte.
L’albero non ha gli occhi né le mani:
forse in ciò è la sua pace.

Ma io ho gli occhi, e bruciano
di visioni, ho le mani, e tremano
insicure, vogliose. Non le sfama
il pane d’un amore che milioni
d’anni di cure e manipolazioni
han reso inconoscibile.

I gatti non è vero che sanno
cosa fare: è che non c’è bisogno
per loro di sapere. Io umano
devo sapere: essere nocchiere
dell’occhio, della mano.

L’incavo d’un petalo di rosa
si fa demone in me, demone che
ribelle costruisce paradisi
da cui precipitare.

Stai lontana da me, è la scelta migliore.


Scritta nel 2020.

Cinema e letteratura

27 venerdì Dic 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, letteratura, scenari

Il film è semplice, quasi una commedia.
Titoli di testa, stazione
di campagna, sguardi, si studiano.
Automobile, declivi, una piazzuola
a caso, curiosi, nervosi.
Stacco. Altra campagna, camminano
fra campi assolati, promana
calore la terra, casolari
oltre un rado orizzonte di rive.
Dissolvenza. Altri ambienti, uffici,
ambulatori, vie, piazze, caffè.
Fiume, lungofiume. Sguardi
si ascoltano, a lungo si ascoltano.
Stacco. Città. Stazione
più grande, le mani si toccano,
al treno un bacio, inatteso, improvviso.
Dissolvenza, messaggi. Non so,
forse so, non capisci, capisci?
Stacco, appartamento, divano letto.
L’amore, il non amore. Dissolvenza.
Casa, cucina. Abitano insieme
ora provvisoriamente. Poltrona.
Dialogo d’amore, furore, mangiare.
Uscire, parco, le scatta foto fra gli alberi,
al chiosco dei panini sottofondo
musicale sbagliato, carrellate
avanti, indietro, panoramiche inquiete.
Impossibile vivere insieme,
luce nel bagno, porte, bicchieri
tolti dal tavolo, spalle, tensione.
Stacco. Altra casa, altre case.
Fermata di tram, parole, ascoltare
pianti fughe aggressioni, brevi intarsi
di collera e dolcezza. Come d’uso
nella cinematografia contemporanea
titoli di coda repentini, niente
epilogo, si lascia all’intuizione.
Il film è semplice, quasi banale.

Ma il romanzo da cui è stato tratto
per intero nessuno l’ha mai letto.

Per intero nessuno l’ha mai scritto.


Scritta nel 2019.

La sedia

25 mercoledì Dic 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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Tag

scenari, tempo

S’è sfasciata di colpo la sedia
a cui volevi rifare il sedile
con una sagoma di legno buono.
Poi non hai abitato più qui:
ho commesso miriadi d’errori
e rifare il sedile sarebbe
stato vano: han ceduto, tarlate,
le gambe dietro. Che botta
mi son preso sul culo. Speriamo
che ora tu abbia delle sedie migliori.
Pure, un Natale fa, accudivi
quasi fosse la nostra questa casa.


Scritta nel 2019.

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