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Carlo Molinaro

~ poesie e altre cose

Carlo Molinaro

Archivi tag: cose di dentro

Il fiore non è sogno

04 sabato Apr 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro

Né sa né sogna di essere fiore
il fiore, né gli importa d’esser frutto
domani, o nulla. Mi sono sognato
io senza sonno in un sogno di sogno
senza sapermi, toccandomi come
si tocca un altro sogno e un altro ancora
e ancora, incastonati, combaciati:
ha istanze ora la cosa che non so
di essere ma sono – non è fiore
né frutto né potrei mai disegnarla
eppure è e perché è svanisce.


Scritta nel 2020.

Realismo

03 venerdì Apr 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari

Forse nulla è accaduto davvero
tranne ciò di cui c’è scalfittura
su un oggetto, o c’è parola che
per bocca di qualcuno mi ritorna,
o cicatrice che sotto le dita
sul mio corpo la sento, però
in questo caso non è proprio certo
che io sappia cos’è. Forse nulla
è accaduto davvero tranne ciò
che mi racconti tu quando ti credo.


Scritta nel 2020.

17 sera

27 venerdì Mar 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari

Scende la sera, diciassette marzo,
con la mestizia. E dire che è arrivata
oggi una lettera a penna da un’amica
e sono uscito, un poco, in bicicletta
e c’era il sole caldo, primavera.

Non è soltanto quest’isolamento
nel morbo che dilaga: è che mi sento
distante io: chi chiamo, non risponde
e chi vorrei non c’è, comprese forse
certe parti di me. Non so perché.

Mi devo abituare a qualcos’altro,
pur così vecchio? A nuove relazioni,
a un me che non conosco e mi spaventa?
A nuovi adattamenti senza scelta?
Può darsi. Ora nel cuore ho la stanchezza.


Scritta nel 2020.

La quattro stagioni

02 lunedì Mar 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, cose di dentro

La casa è silenziosa, fioca
la luce, fuori il morbo, tonfi
e scie di copertoni sull’asfalto
viscido, e la gente: perlopiù
zoomorfa la immagino, deforme
come in quadri d’Altan.

La casa è silenziosa, vuota
– ma piena di ricordi sgretolati
non soltanto dal tempo: un acido
ulteriore li scioglie in una melma
informe, ne sbava
come pioggia su acquerello
il colore, che era buono e amabile.

Mio figlio l’altro giorno mi parlava
di Heidegger, il pensiero, la memoria
che non è solo del passato:
non so se ho capito ma so
che in una vacua penombra neppure
la memoria m’è più tesoro né
mi giova il sogno. Forse
ciò che s’è vissuto ha destino
simile al corpo: s’ammala, imputridisce.

Donne con cui qui ho fatto l’amore
lo revocano, partono, alcune
ora mi dicono uomo da poco,
insensibile, molestatore. La morte
è meno crudele, uccide e basta, questa
è invece morte retroattiva, terge
via ciò che s’è, nella vita, dipinto
di meraviglioso.

Il morbo ha chiuso il ristorante cinese:
cercherò una pizzeria, guarderò
il forno, i vetri, le tovaglie, le sagome
delle persone, soltanto le sagome:
siano paesaggio e basta, non disturbino
con coglionate la mia solitudine.

Me la cavo da me: una bismarck
con l’uovo al centro che mangio per ultimo
o una quattro stagioni, è da tanto
che non la prendo, la quattro stagioni.


Scritta nel 2020.

Coleridge/Baudelaire

29 sabato Feb 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro

L’ho ucciso per salvarlo, l’albatro
caduto sul ponte fra gli scherni
dei miei compagni d’equipaggio.
Ero io. Mi sono appeso al collo
per vendetta, morto, me stesso.

Dal carico dell’arido rancore
m’ha sciolto in parte un inconsapevole
amore per la gioia, la bellezza
di tutto ciò che vive, l’innalzarsi
d’una preghiera priva di parole.

Ma porto dentro la maledizione
che a bene dire sempre mi costringe:
narrare lo splendore d’ogni cosa
a passanti, su strade vuote, senza
rivolgermi al mio spettro che mi segue.


Scritta nel 2020.

Ø

12 mercoledì Feb 2020

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amore, cose di dentro

gestire il vuoto io ero abituato
ma era un vuoto sempre stato vuoto
erano stanze finestre cortili
spazi che da bambino non riempivo
se non di sogni perché tutto l’altro
erano cirri in cieli lontanissimi

tu mia nube odorosa m’abbandoni
è un vuoto che mi trova impreparato
è come entrare in casa dopo i ladri
riconoscere sagome, mancanze
dove c’erano cose, dubitare
che davvero ci fossero, impazzire


Scritta nel 2020.

La voce

28 martedì Gen 2020

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cose di dentro, relazioni, scenari

Ascolto la mia voce che ti parla.
Mi è fastidiosa. Vorrei essere altro
nel tuo campo visivo, una pianta
sul tavolo in un vaso o arditamente
un asciugamano sul tuo viso.

Invece c’è quest’uomo che nemmeno
a me piace, buffone petulante,
fastidioso anche a te sicuramente.
Sono io, dice il dato di fatto:
eppure non lo credo veramente.


Scritta nel 2020.

Per qui

21 martedì Gen 2020

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amore, cose di dentro

Creammo un dio perché ci creasse,
disegnammo infiniti in cui cadere.

Sarei io dio se tu mi sorridessi
in un cortile piccolo, fra case.


Scritta nel 2020.

Non c’è via d’entrata

19 domenica Gen 2020

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cose di dentro, relazioni

…spesso non c’è d’uscita, lo so
ed è disperante. Ma
non c’è via d’entrata
altrettanto spesso, in situazioni
in rapporti, relazioni
in Paesi verso cui fuggi
in donne, in uomini
in case d’inverno
in lavori, giornate
e persino in sé stessi

«non c’è via d’entrata»
(frase che forse non ho mai udita)
frase che andrebbe
rivalutata


Scritta nel 2020.

Osservando un balcone

13 lunedì Gen 2020

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cose di dentro, scenari

Appese alla ringhiera
una maglia rossa, una maglia nera.
Il sole. Non è ancora il tramonto.
Oltre la portafinestra, una stanza:
se ne vedono oggetti.

C’è chi si consola fumando la pipa
in una casa fra i campi. Le rive
con gli alberi. I vicini
di cui non fidarsi. Ciascuno
ha il suo orto. Una bottiglia, un cane.

C’è chi si consola vagando
fra case di sobborgo. Le rotaie,
i bar poco illuminati. L’erba
nelle crepe. I passanti, le ombre
indistinte. Le voci da un androne.

Ma per ognuno in ogni luogo brucia
il giorno: al secco fumo rosseggiante
è mescolato un umido di cenere.
Più bellezza raccogli più ne perdi:
così ti beffa la felicità.

Eppure mite, indomata una donna
toglie dalla ringhiera
la maglia rossa, la nera, si ritira
in un riparo di sedie e pensieri
semplici, misteriosi.


Scritta nel 2020.

L’incavo

07 martedì Gen 2020

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, cose di dentro, scenari

L’incavo d’un petalo di rosa
non ho un modo normale di vederlo:
né l’incavo del tuo orecchio
né altro. Non ho un modo normale,
un modo buono: che tu dici: è buono.

Guardare, contemplare
rispettosamente attendendo
la sfioritura, il corso di natura.

O mordere! Brucare il fiore
perché muoia subito, diventi
un sapore nei denti, un ricordo
ancorato nel corpo, nella mente
a morire con me.

Abbiamo addosso bellezze formidabili
e orrori orripilanti. Tutto questo
sta prima, non ha nulla da spartire
con le umane relazioni, tardive
sovrapposizioni, divine
costruzioni di spirito, di verbo.

L’incavo d’un petalo di rosa
sfiorarlo, un compromesso. Annusarlo.
Toccarlo. Ma se è ala di farfalla
già è danno. Astenersi. Il tuo orecchio
baciarlo: è la maniera
che abbiamo escogitato.

Tutto è sempre incompleto:
riempire il vuoto è un impulso di morte.
L’albero non ha gli occhi né le mani:
forse in ciò è la sua pace.

Ma io ho gli occhi, e bruciano
di visioni, ho le mani, e tremano
insicure, vogliose. Non le sfama
il pane d’un amore che milioni
d’anni di cure e manipolazioni
han reso inconoscibile.

I gatti non è vero che sanno
cosa fare: è che non c’è bisogno
per loro di sapere. Io umano
devo sapere: essere nocchiere
dell’occhio, della mano.

L’incavo d’un petalo di rosa
si fa demone in me, demone che
ribelle costruisce paradisi
da cui precipitare.

Stai lontana da me, è la scelta migliore.


Scritta nel 2020.

Capodanno 2020

31 martedì Dic 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, cose di dentro, relazioni

Cominciano i botti. Un anno fa
eri con me, in questa casa, qua.
Io nutrivo sogni impropri, tu
a volte sorridevi, poi cambiavi
fra il bacio e l’ira, fra il dolce
dialogare e il silenzio più duro.

Sono qua ora da solo. Sto bene
da solo, non vorrei nessun’altra:
per sbagliata che fosse la storia
m’ha pervaso, m’ha intriso.
Archivierò questo pieno di vuoti
che sento in petto, andrò oltre, vorrei

solo che tu fossi felice, tu.


Scritta nel 2019.

Qui nella notte invernale

16 lunedì Dic 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, riflessioni

qui nella notte invernale
non ci sono ragioni per dormire
né per fare altro

si sta, così

la casa è troppo piena di cose
due terzi dei libri li potrei regalare
senza neanche accorgermi
e i rimanenti, poi, anche

nella testa invece
c’è poco di concreto
ci sono fantasmi, sogni

perché ricordo così poco?
a tredici anni ero dai preti
in colonia in montagna di luglio
e avevo il permesso di andare a piedi
fino al paese dopo, cinque o sei chilometri
da solo, a trovare mia sorella
che era in una specie d’altra colonia
e di sicuro ci andavo spesso
per camminare, fuggire la noia

so che questo accadeva
però non lo ricordo
non ricordo
né edifici né strade né paesaggi
né compagni di colonia
né mia sorella

ricordo che mangiavo doppia minestra
a volte tripla
perché agli altri a tavola
faceva schifo
io mangiavo anche la loro
penso non fosse cattiva

ma mi rendo conto che era
una cosa ideologica
facevo quello che mangia la minestra
avevo deciso così
per distinguermi dai bimbi schizzinosi
per essere dell’altro
per essere qualcosa

ricordo solo le cose che inventai
(assomiglia a
«non amo che le rose che non colsi»?
non è detto, si diffidi
di facili collegamenti)

qui nella notte invernale
qui nell’autunno della vita
non ci sono ragioni per dormire
né per fare altro

pure le parole sono stanche
il tempo si sfilaccia
«il tempo si sfilaccia»
è banalissimo
devo fare meglio, dire meglio
perché mi amiate
o madri mie che non vedete un cazzo

uhm
ma no
il tempo si sfilaccia
non dormo più di notte
non è propriamente insonnia
è che non ho voglia
di dormire, né di fare altro

forse una cosa la vorrei fare
planare
una volta giù dal mio sopra le righe
entrare nel pentagramma
accomodarmi sul do del terzo spazio
in chiave di violino…

no: sarebbe comunque soltanto un guardare
non desidero planare
l’ho detto così per captare
benevolenza, ma mi sono accorto

ho studiato musica, non ho suonato
ho studiato lingue, non ho parlato
ho studiato amore, non

(sono troppo vigliacco
per completare la terzina:
mi lascio spiragli,
assoluzioni, abbagli)

qui nella notte invernale
non ci sono ragioni per dormire
né per fare altro

l’abbraccio di una donna nel letto
lo prenderei, anche se ormai
so che è una rapina
troverei espedienti
per consentire, addolcire

forse è meglio di no:
non so se per mancanza di talento
o d’esercizio, di scuola
non so svestirmi, lasciar mescolare
disordinati, incongrui
(ma sensibili)
i corpi e l’anima
non so svestirmi
di tutti i miei sogni:
vivere

qui nella notte invernale
non ci sono ragioni per dormire
né per fare altro

forse metto su il giaccone
vado al Carrefour aperto ventiquattr’ore
compro una tavoletta
di cioccolato al latte

ma perché adesso sento le voci
«che schifo, è tanto meglio il fondente»
«latte… non vorresti esser vegano?
ma lo sai quanto soffrono le vacche?»

andate via!
restate con me
forse in brevi silenzi nel buio
il cieco e sordo e muto
può sentire le luci del cuore
può vedere, cantare
tenersi nelle braccia

metto su il giaccone
una tavoletta
di cioccolato al latte
un pochino consola
e il supermercato di notte
è scenario non privo di fascino
per uno sketch d’una decina di minuti

tanto
qui nella notte invernale
non ci sono ragioni per dormire
né per fare altro


Scritta nel 2019.

Dissolvenza

16 lunedì Dic 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro

L’eco è spaziosa dopo i lampi, quando
più non scampi al silenzio della notte:
una nebbia leggera, quieta, inghiotte
il suono, il fuoco, il mare, trapassando

la membrana del sogno, con un blando
vago dolore. Si sono interrotte
le buone furie, le euforie, le lotte
fra docili chimere al tuo comando.

C’è un vuoto qui, un immenso campo aperto
che non rima con nulla. Le parole
cadono come foglie. Un’altra ebbrezza

ora ti culla, un senso in un deserto
di sensi. Lieve, una luce di sole
disegna l’ombra della finitezza.


Scritta nel 2019.

Verbum Domini

08 martedì Ott 2019

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, scenari

La vita nasce ove non c’è decoro
ed è oscena la morte. La parola
è una pericolante anestesia
in cui deliri di essere dio.

Dolcezza della decomposizione,
ansia, abbandono, ubriachezza, terrore,
rabbia furiosa o la rassegnazione…
Puoi dire ciò che vuoi, ne hai facoltà.

Odori forti, schiume, secrezioni.
Inventare, nel teatro, finzioni
d’anime, spiriti, inferni, nirvana.

Uscir fuori a cercare una puttana
per un reciproco lordo anilinto:
per un amore profondo, convinto.


Scritta nel 2019.

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