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Carlo Molinaro

~ poesie e altre cose

Carlo Molinaro

Archivi tag: scenari

Nella casa sul mare

08 mercoledì Set 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, cose di dentro, morte, scenari

Sono tornato nella casa sul mare
due anni dopo. Tu stavi rannicchiata
nella poltrona, ti guardavo, parlavamo:
altre volte volevi stare sola
e allora uscivo in giro per la costa
cercando di distrarmi con visioni.
Niente era facile, mai. Però c’eri
e c’era la speranza, ed eri bella
ed eravamo in qualche modo uniti:
commilitoni d’una strana guerra
per i deserti e i nemici improvvisi.

Abbiamo fatto tante cose insieme:
più di quel che sembrasse, ora che osservo
quel tempo terminato. Terminato.
Osservo il mondo ora privo di te:
io che ci faccio? Mah, niente, direi:
tranquillamente la morte è vicina
senza ch’io debba cercarla o provocarla.
Che esista o non esista, verrò presto
nel luogo dove sei, saremo accanto
sapendo o non sapendo, come prima.


Scritta nel 2021.

La tua voce

24 martedì Ago 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, scenari

L’autobus fino a Porta Susa, un treno
fino a Fossano, un altro per Ceva,
da Ceva la corriera per Priola,
a piedi da Priola la salita
fino a Casario, al tuo cimitero.

È stupido, lo so, tu non sei lì
(per fortuna) ma sono debolezze
concesse, piccoli segni rituali:
un riquadro di marmo da guardare,
la tua foto, le date. E nel percorso
la tua casa, i tuoi boschi, i tuoi prati.

È stato al ritorno, sulla corriera
che osservando i nomi dei paesi scorrere
li ho sentiti come quando li dicevi
tu raccontando: Pievetta, Nucetto
non che tu li dicessi con affetto
ma li ho sentiti nelle orecchie e c’era
qualcosa, non so cosa, qualcosa
che quasi mi spingeva a voler bene
a quei luoghi, per come li dicevi
e come sono impressi nel mio udito:
qualcosa di dolcissimo, commosso
e non so, non lo so che cosa fosse:
io di spiegarlo non sono capace,
forse era solo che era la tua voce.


Scritta nel 2021.

Sceso dal treno

05 giovedì Ago 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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cose di dentro, relazioni, scenari

Sono stanco di guardarvi negli occhi
attraverso le cornee antiproiettile:
è sempre conflitto, è disfatta senza lotta:
non sono interessato a sopravvivervi:
non trovo anime che in congiunzione
creino vita: e di fini arguzie sterili
non ho più desiderio. Continuate il viaggio
se vi pare, io mi fermo in stazioni dismesse
piccole, erbose, che cadono in macerie:
seguo file di insetti fragilissimi
che con le loro brevi antenne tremule
tentano le fessure, gli spiriti dei solchi.


Scritta nel 2021.

Una traccia

05 giovedì Ago 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, scenari

mentre nube odorosa ti componi
e ricomponi in mirabili forme
che è blasfemo ricondurre a nomi
e doni e togli alle cose l’essenza

penso che forse hai avuto ragione
non è qui la salvezza – ma continuo
a camminare, sento che leggera
sopravanzi, lasciandomi una traccia


Scritta nel 2021.

Le disconnessure

22 giovedì Lug 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, riflessioni, scenari

«io so chi sono, tu no» mi hai detto
tre settimane prima di morire
e già altre volte avevi rimarcato
quanto fosse impossibile per me
vederti, saperti

forse era impossibile anche a te
nel mosaico divelto, tra i frammenti
le disconnessure sanguinavano
le ricostruzioni rovinavano
e tutto vacillava

scoprire chi sei, conoscere te stesso
la questione antichissima
γνῶθι σαυτόν
mi sembra a volte che il problema posto
sia inadeguato, sia psicologia
euclidea, in qualche modo superabile:
psicologia tolemaica, con un centro
da ridiscutere

la scienza ha fatto passi da gigante
ma dentro noi s’è poco camminato
nessun Riemann, nessun Galileo
ha rivoluzionato:
Eschilo e Sofocle ancora descrivono
quasi perfettamente ciò che siamo

quell’io da scoprire è forse un principio
d’autorità, è qualcosa d’imposto
dagli avi? dagli dei? da un ineffabile
potere che s’è generato in sé
per scelta di nessuno?
è indefinito indimostrato assioma?

senza un io solido è penoso vivere
sì, ma
l’impulso, l’individuo, il collettivo…
di certo non va bene un io qualsiasi,
un io di colorata fantasia:
no, è richiesta una validazione
da un noi che ci sta dentro ma che spesso
è storto in ghirigori, in sabotaggi
e non c’è spazio, non c’è libertà
tu lo sai, che per lei vita rifiuti

per lei vita rifiuti

a prescindere da questo vaneggiare
su psichiatrie non ancora pensabili
credo – per quel che vale –
che
se tu ti fossi vista veramente
– come un cuore che è messo in piena luce
nell’intervento aperto
per l’occhio e lo strumento del chirurgo –
tu ti saresti assolta e soprattutto
ti sarebbe bastata la tua assoluzione

ecco, a me ora non basta la mia
ho bisogno di te, tu dove sei?


Scritta nel 2021.

Questi poeti

20 martedì Lug 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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riflessioni, scenari

Ci sono uomini che raccolgono
nidi caduti o piccoli uccelli
per provare a salvare debolissime
vite vive, s’innamorano di donne
le cui vite non possono salvare
e scrivono, senza nessun programma scrivono
forse per dare voce a cose che non parlano
o non si vedono o che nemmeno esistono,
impresa inutile oltre che impossibile.

Non sono meglio né peggio, fra loro
spesso non si conoscono, altre volte
sono amici ma con difficoltà
perché tutto è difficile, perché
assomigliarsi non è che un lato incerto
di sensazioni variabili, vaghe.

Hanno rinunciato, questo sì, al compromesso
di chi rallenta i sensi e l’intelletto
per adattarsi a celle di sistema
in cui raggranellare quattro chicchi
di fatica e certezza. Spesso prendono
ansiolitici, sono esposti al barcollare
delle luci, dei suoni. Ma niente
di eroico né sdegnoso: è per bisogno
che sono ciò che sono, non saprebbero
questi poeti fare in altro modo.


Scritta nel 2021.

Dappertutto

20 martedì Lug 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, cose di dentro, scenari

Oggi mi sono frullati per la testa
diversi inizi di poesie per te
e non nasceva niente, dopo un po’
ho smesso di sforzarmi, di cercare:
sono rimasto a lasciarti passare
dentro di me: intorno, sì, un bel cielo
e voci e una sera di nuvole aperte:
contorni belli, ma senza costrutto:
tu sei, semplicemente, dappertutto.

(Fissando il vuoto lunghissimamente
forse ho capito che nuvole nere
hanno chiuso il tuo cielo, che alluvioni
han tagliato le strade, quale filo
fuori controllo ti ha legato l’anima:
e le mani dell’uomo senza volto
l’hanno raggiunta, nelle delicate
tue spalle senza pelle l’hanno presa:
ti sei divincolata, l’hai salvata
in quell’unico modo, a precipizio.)


Scritta nel 2021.

Compatriota

05 lunedì Lug 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, scenari

Di che reggimento sei, sorella?
Ci siamo incontrati, noi compatrioti
esuli disertori di una guerra non nostra:
esuli prima dell’inizio del tempo
da un paese in cui non ci è stata
insegnata la lingua: così muti, con sguardi
ci riconosciamo, o cercando di trovare
costrutti nella lingua del paese di adozione
che si avvicinino al nostro indicibile:
ai lemmi della nostra lingua orfana.

L’adozione si paga: alla guerra
si è chiamati per una vita senz’anima:
una vita che valga sul campo del mondo.
Esuli disertori ci si incontra, ma è difficile
fidarsi senza le radici: solo
la memoria di foglie, gli odori che si alzano
da una terra su cui non camminammo.

Di che reggimento sei, sorella?
Feriti nel bosco ci siamo abbracciati
e per sentieri impervi sostenuti
anche senza capire, anche senza sapere
se fosse davvero la medesima guerra:
ogni tanto t’illuminavi, sorridevi o ridevi
e questo è valso la pena di vivere.

Poi ti ho perso, tu mia compatriota
nei labirinti di voci, di rumori.
Su una porta un dispaccio militare
ha dato la notizia: sei caduta
crivellata dal plotone che ha eseguito
la sentenza per la tua diserzione.
Con gli occhi aperti, guardandoli in faccia
sei stata tu che hai gridato: fuoco!


Scritta nel 2021.

Aiuto

14 lunedì Giu 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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scenari

«Non ne posso più» disse il pazzo con gli occhi socchiusi
«del tuo essere morta. Quando smetti?» Il dottore
non fece commenti, i dottori non dispongono che
di risposte intollerabili o insoddisfacenti, confabulò
con l’infermiera: «È un delirio ma non vedo un pericolo
di comportamenti autolesionisti, penserei di mantenere
la stessa terapia». Accortosi del confabulare, il pazzo
intervenne: «Non si deve preoccupare, dottore.
So benissimo quello che non dico, mi lasci girare
per i corridoi come sempre, guardo dai finestroni
la gente imbavagliata che evita gli abbracci, dovrebbe
dedicarsi un po’ a loro, hanno bisogno di aiuto».


Scritta nel 2021.

Dehors del bar Blue

24 lunedì Mag 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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scenari

Nel dehors del bar Blue di Hu Jianjia
che occupa l’angolo estremo fra via
(dubito che via faccia rima con Jianjia)
Pergolesi e via Cravero, osservo
quattro ragazzi al calciobalilla,
discutono se è fallo fare rullo:
un giro intero lo puoi dare, dice uno
però senza staccare la mano. Rigiocano,
mi sembrano contenti. Io bevo
il caffè e mi alzo e vado via.

Il secolo dei Lumi, sì, d’accordo
ma un lume è un lume: come un abat-jour
rischiara una porzione d’una stanza,
non certo l’infinito. Benedetto
sia il nostro non sapere – poveretti
noi se ciò che sappiamo fosse tutto.

Cammino barcollando in una lisi
di me stesso, in preumana umiltà:
è possibile in rari arresti imprevisti
del programma eseguito, schermo blu.
Non si può dirlo. Posso dire invece
che era bello il sorriso del ragazzo
mentre spiegava del fallo del rullo
all’altro attento, sapendo o non sapendo
di fondare le cose.


Scritta nel 2021.

Dove sei?

11 martedì Mag 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, scenari

in via Cravero nel giro di venti metri
cinque persone, due uomini e tre donne
a lavare il marciapiede

io col mio cappuccino a mezzogiorno
da finto viveur nel dehors del bar Jolly
anch’esso sottoposto a lavatura

vedo il tragico della vita, lavare
i marciapiedi, dopo che è piovuto

eppure tutto è necessario, così pare
e tutto è irritabile

un filo di pensieri mi riporta l’urto
della tua assenza, sono colpi al fasciame
e al timone, non governo la nave
su queste secche – dov’è finito il mare?

la carena non ha dove pescare
meglio sarebbe una tempesta
che questo inaridire
che m’impenna e mi può rovesciare
su una fiancata, a imputridire
senza neanche la gloria di affondare

(ricado in queste metafore di navigazione
d’antica tradizione, abbiamo da millenni
quattro dozzine di figure insufficienti)

dove sei? – non sei, sussurrano sirene
dai gorghi mortiferi della ragione:
ma questi cinque che hanno ora finito
di lavare e ripongono i secchi
credo sappiano altro, credo sappiano
più di Voltaire e più di Rousseau

dovrei fare un po’ di spesa, nel supermercato
non mi sento di entrare, quei muri di merci
e quelle code di teratomorfi
chini alle casse, mi fanno vacillare

c’è ancora un banchetto sotto gli alberi
in corso Taranto, non è conveniente
compro soltanto un pacchetto di crescenza
cazzo, tre euro e ottanta
fa niente
basta così, tanto qui nell’Occidente
si mangia sempre troppo

una signora già vecchia chiede al padre
accasciato su un deambulatore
se gli piace il vitello tonnato, lo compra

vedo il tragico della vita, mangiare
il vitello tonnato, così, nel morire
ho tante fisime – dove sei?

c’è una luce che annurbia
m’è tornato in mente questo verbo inventato
all’osteria con l’amico di sbronze
annurbiare è un abbagliare moscio
un accecare latteo, senza ferita

inventare parole, o mondi, è un suicidio
a chi e come confesserai di esistere?

hai lasciato presepi dentro me
con le tue nascite, incompiuti, rimane
solo qualche pastore ad aggirarsi
presso le culle vuote, dice che
erano tutte storie

io quel poco che so
senza poter sapere
non lo posso spiegare – dove sei?

che stupidaggine comprare la crescenza
tre euro e ottanta, il vecchio accasciato
avrà mangiato
il vitello tonnato? piove forte adesso
ho spalancato la finestra, odora
di fresco e di vigore
tutta la primavera – dove sei?


Scritta nel 2021.

Nei suoi versi

27 martedì Apr 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore e morte, cose di dentro, scenari

Mi piace ritrovarti nei suoi versi:
riconoscerti in un disegno nitido
senza l’ansia di mie sbavature

(mi hai detto quell’ultima volta al telefono:
“Carlo, spesso ricordi a modo tuo”)

I suoi versi sono bellissimi
limpidi anche nei punti crudeli
dove io invece mi confondo e intorbido.

Ce ne sono tre che ho imparato a memoria
chiudono una poesia di salire le scale
scale che anch’io ho salito con te

«Come un passero senza nessuna madre,
sei stata in quel nido a cibarti di solitudine,
fino a quando hai deciso di prendere il volo.»

È bravo, quel «nessuna» è magistrale,
parola chiave fra parole semplici
come elementi chimici periodici
che fanno tutto ciò che il mondo è.

La stessa Musa in due, credo che sia
poco frequente – però ti piaceva
essere nelle poesie d’entrambi:
t’è successo persino di confondere
l’uno con l’altro e io, il meno amato
sono lieto che tu ci confondessi.

Infine entrambi hai condannato a scrivere
poesie di dopo il volo, non avremmo
voluto mai, voluto mai. Non so
vivere adesso, adesso dopo te.

Mi piace ritrovarti nei suoi versi:
t’abbiamo amata come s’è potuto:
niente è mai stato facile, lo sai.


Scritta nel 2021.

I canti in chiesa

12 venerdì Mar 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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amore, dolore, scenari

Ti accolgano gli angeli
con cautela, che so io cosa vuol dire
sbagliare mezza parola con te

Ricorda Signore che l’uomo è come l’erba
“se ne ricorda, se ne ricorda”
– mi pare di sentirti mormorare

Quest’anima che hai chiamato
“ma che chiamato, l’ho deciso io
almeno questo”
– mi pare di sentirti gridare

come gridavi a me le mille volte
che non capivo
piccole cose o più grandi
“io t’ho amato, coglione”
furiosa, la tua dichiarazione

la mia voce era debole, fragile
“anch’io ma tu non vuoi”
chissà cos’era, cos’è, cos’è mai stata
la verità

però Gesù ti piaceva: “un tipo in gamba
e così maltrattato”

io non lo credo, Cri, ma se per caso
esistesse e lo trovi
diglielo, che è in gamba
e che sai com’è stato maltrattato

e che non dubiti che lui si ricordi
dell’uomo e dell’erba:
forse è solo, in paradisi di teologi
potrebbe avere bisogno di te


Scritta nel 2021.

Cinema Corso

24 mercoledì Feb 2021

Posted by carlomolinaro in poesie

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scenari

…c’era sempre un uomo con le caramelle in mano
e una fanciulla di un’altra età, smarrita in quella sala
che ti parlava di giostre…

Milo De Angelis

Mia madre è vecchia e grossa, dorme nell’ultima
di un labirinto di stanze al pianterreno
della casa ove nacqui. Al cinema Corso
nei primi anni Sessanta non c’erano
ragazze, ch’io vedessi, né per strada
che io ricordi: c’era un plastico di cose
ai lati della bici, pedalando, alcune
cose erano sagome, forse persone.

Qualche bambino sì, ma raro, irraggiungibile:
maschio o femmina m’era indifferente
purché bello – e fuori dalla cinta
urbana i fossi, la terra, gli insetti:
in acqua linda pescai sanguisughe
e attento le osservai, poi le lasciai
morire piano, disseccate al sole.

Ma non è che ricordo tanto bene.
Al cinema Corso, cento lire per Maciste,
dovevano pur esserci ragazze
e militari, lo raccontano tutti:
forse anche l’uomo con le caramelle
che dice il Milo: però non ricordo.

Sullo schermo ricordo una scena:
volevano schiacciare Maciste
(credo fosse Maciste, in ogni caso
un eroe nudo il torso, luccicante
d’olio o sudore) fra pietre-pareti
che lentamente spostavano, mosse
da decine di uomini con corde:
Maciste gonfia i muscoli, spinge
con le braccia, uno spasmo, le corde
il corso invertono, tutti gli uomini
cadono, si ribaltano, s’intende
che lui li ucciderà perché è più forte.

Un’altra scena ricordo che uno
messo alla ruota, tirato, moriva:
gli usciva un filo di sangue alla bocca
nel reclinare il capo. Erano film
per bambini-soldato, le ragazze
se c’erano, forse, non guardavano, baciavano
i militari, questo non lo so:
ricordo a terra le cicche, le carte
e gli odori di corpi, di fumo, d’estate
questo sì: ne uscivo silenzioso.

Dice mia madre che sua madre, mia nonna
metteva da giovane al collo la volpe
intera, conciata, coi denti e la coda:
ci teneva, era salita di classe
sposando l’avvocato, le signore
di classe avevano al collo la volpe
come le prede i cacciatori antichi.

Dell’uomo sulla ruota più che il sangue
mal pitturato dalla bocca alla guancia
vedevo spezzarsi, distaccarsi gli organi
dentro, il fegato creparsi, scricchiolare
le cartilagini, svellersi il cuore
e cedere le arterie: in bianco e nero
nella scena abbozzata, approssimata
senza effetti speciali, vedevo
quello sfacelo dentro il corpo, la morte:
non lo so se ci fossero ragazze
a baciare soldati, così narrano
che fosse, non ricordo, non lo so.

Mia madre è vecchia e grossa, si rintana
nella stanza più in fondo, le ragazze
sono rimaste nelle cartoline
a baciare i soldati. Mia madre, invadente
dice – sempre un poco beffarda – che è difficile
scrivere l’ultimo verso, non lo so?


Scritta nel 2021.

Il manovratore

17 domenica Gen 2021

Posted by carlomolinaro in prosa

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scenari

Al solstizio, il manovratore si dimenticò di invertire la marcia e le giornate continuarono ad allungarsi. Passato qualche mese, ormai il sole del lunedì tramontava martedì mattina, trovandosi in compagnia nel cielo con quello del martedì, che era sorto prestissimo. Se la direzione non fosse mai più cambiata, presto anche tre, quattro, cinque giorni si sarebbero sovrapposti, con tre, quattro, cinque soli nel cielo. In tutta quella luce perenne, la luna non si vedeva più, benché continuasse, nascosta, i suoi giri misteriosi.

Al principio ci fu allarme. Gli scienziati disegnarono un avvenire apocalittico di fame e arsura: con il sole perenne – i soli, anzi – tutta la vegetazione sarebbe scomparsa, e con essa ogni forma di vita. Il comitato tecnico scientifico, per intanto, suggerì al governo l’obbligo di creme solari per tutta la popolazione, e la forte raccomandazione di coprire il viso con una mascherina. Gli industriali litigavano con i sindacati sulla ridefinizione degli orari di lavoro in quella perenne luminosità.

Con il tempo, le cose non parvero però andare così male. Per qualche misterioso motivo, la luce dei soli non si sommava, né il loro calore si accumulava: era sempre estate, ma un’estate nemmeno troppo torrida. Qualcuno sentiva la mancanza della notte, certo. Ma c’erano locali con spesse tende alle finestre per i nostalgici dell’oscuro, e quanto a dormire, se hai sonno dormi anche nel chiaro. Il biglietto d’ingresso a certe grotte turistiche aumentò di venti volte, perché il commercio è commercio.

Tutti quei soli in giro per il cielo non intimidivano affatto le nuvole, anzi. C’erano turbini di nubi, temporali, piogge torrenziali che presto presero un ritmo quasi periodico. All’alternanza fra giorno e notte si sostituì quella fra sereno e pioggia. Qualche specie si estinse, sì, ma niente di che: da miliardi di anni se ne erano estinte. Nel complesso, piante e animali si adattarono bene alla nuova situazione.

I vecchi dicevano che loro già sapevano da prima che non sarebbe stato un problema: «Non è che dieci candele facciano tanto diverso da una». I giovani progettavano imprese adatte a un mondo perennemente illuminato. Gli amanti, quando erano stanchi dei corpi in piena luce, chiudevano gli occhi e si annusavano. I terrapiattisti, pur non potendo dimostrare nulla, ebbero la loro piccola rivincita: se i soli dei giorni si sovrapponevano, tutto Copernico diventava fuffa.

Triscian però aveva nostalgia della luna, e anche del buio dei boschi in cui era stata abituata a inoltrarsi cauta, attenta agli inciampi e agli animali selvatici. Perciò si mise in cammino. Voleva trovare il manovratore e chiedergli di invertire la marcia, anche rimproverandolo: come aveva potuto, per la prima volta da quando il mondo era stato partorito, dimenticarsi di spingere la leva?

Dunque Triscian camminò per giorni e giorni, quei giorni che gli orologi, per scongiurare il pericolo che le persone non avessero più età, si ostinavano a misurare come sempre. Attraversò città via via più piccole, poi villaggi, poi case sparse fra montagne. Alla sorgente d’un fiume vide un’ampia caverna e intuì che il manovratore abitava là dentro.

Senza alcun timore, s’incamminò nel buio, tastando con i piedi il terreno roccioso. Gli occhi impiegarono molto tempo ad adattarsi. Vide, in fondo alla caverna, un fuoco che ardeva su un sasso, senza nessun combustibile a nutrirlo. Accanto al fuoco un ragazzo dormiva, nudo. Triscian notò che era molto bello: di certo era lui il modello, mai conosciuto da nessuno, che certi scultori antichi avevano ritratto nel marmo.

Sicura che fosse lui il manovratore, Triscian lo svegliò toccandogli una spalla e gli domandò: «Come hai potuto dimenticarti di spingere la leva del solstizio? Si muovono in cielo decine di soli, e io ho nostalgia della luna». Il ragazzo si volse a lei e rispose: «Non mi sono dimenticato. Da miliardi di anni vivo qui da solo, restando sempre ragazzo, con il compito d’invertire, due volte all’anno, l’andamento del tempo del giorno e della notte. La solitudine e la noia mi erano divenute insopportabili, e allora ho smesso di azionare la leva: l’ho fatto d’estate, perché amo la luce più che il buio. L’ho fatto perché succedesse qualcosa. L’ho fatto perché arrivassi tu qui».

Triscian sorrise e lo abbracciò: abbracciò quel corpo nudo che per millenni era stato solo pensato, sognato, disegnato, dipinto e scritto. Parve al ragazzo di cominciare a vivere, parve alla ragazza di avere per la prima volta la pelle, il sangue, le membra disegnabili, pensabili. Si amarono.

«Vengo via con te» – le disse, preso di felicità.
«Ma se verrai via di qui dovrai diventare adulto e poi invecchiare e morire» – gli disse, e soggiunse ridendo con gli occhi: «E ti dovrai vestire!»
«Farò tutto questo con te, vivremo insieme».
«Ma chi manovrerà la leva dei solstizi? Non tornerà la luna mai più?»

Il ragazzo si avvicinò alla grossa leva, che stava poco oltre il fuoco, e la spinse, facendola pendere verso il lato opposto. I giorni, all’istante, cominciarono ad accorciarsi.

Abbracciò di nuovo Triscian e le spiegò: «Il capo manderà un sostituto, per il tempo che resta fino alla fine. Niente è eterno, lo sai, nemmeno i soli e le stelle e le lune».
«Lo so. Ma perché non hai chiesto subito di essere sostituito?»
«Perché prima dovevi arrivare tu qui».

Triscian e il manovratore, di cui non sappiamo il nome, vissero amandosi per il tempo che vissero. I giorni pian piano tornarono all’antica altalena, e la luna ricomparve in cielo, a crescere e calare alla maniera di sempre.

E credo che oggi di quel piccolo incidente di percorso nessuno, ma proprio nessuno si ricordi più.


Scritto nel 2021.

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